sabato 29 agosto 2015

L'altro

Il conosci "te stesso" socratico avrebbe potuto dare origine soltanto a dei soliloqui se non avesse implicato la necessità della conoscenza dell'altro. L'altro è inteso come ogni essere umano al di fuori di sè stessi, e ciò che serve per la conoscenza di se stessi vale anche per quello che riguarda la conoscenza dell'altro. L'individuo conosciuto solo in quanto elemento di un gruppo o di un insieme di persone, non è vera e propria conoscenza, così come la conoscenza di un individuo non si può ridurre alla conoscenza di un insieme di ruoli o come punto d'incontro di differenti rapporti sociali. Dell'essere umano che per semplicità chiamo altro, ne possiamo conoscere il volto, l'aspetto fisico o magari il nome, ma questo non è sufficiente per poter dire di conoscerlo. Certamente nella vita pratica è necessario identificare le persone, sono esigenze che nessuna società può trascurare, ma questa tendenza non può classificare nessuno. I nomi sono come le maschere, rendono l'altro un anonimo portatore di simboli, ma al tempo stesso sono importanti perchè servono a indicare ciò che più conta per la società. Così anche il corpo è solo un semplice involucro, ciò che è visibile dell'altro, ma non è l'altro, come ognuno di noi non è solo il proprio aspetto. A seconda delle diverse concezioni, la personalità, lo spirito, l'aspetto psicologico, il carattere, che svolgono un importante elemento di individuazione, sembrano non avere molta importanza e ciò equivale a interpretare male o superficialmente o rendere impossibile la conoscenza dell'altro, tanto da non poterne cogliere la più profonda essenza. Non è riuscendo a sollevare i veli per scoprire il volto che potremo conoscere meglio un nostro simile. Per quello che mi riguarda, penso che la conoscenza di un altro essere umano, avvenga quando si riesce ad individuare ciò che la persona in questione possiede di caratteristico, di diverso o se vogliamo unico, a scoprire gli impulsi del suo carattere al di là del ruolo sociale che interpreta. Trascurare tutto ciò che è unico, individuale, singolare, caratteristico, e convogliare l'esistenza in un insieme omogeneo in cui ogni elemento rappresenta la riproduzione di un archetipo, induce a mascherare l'individuo per sostituirlo con i simboli dei ruoli sociali, arrivando persino a vedere ciò che dovrebbe essere e non ciò che realmente è.
Forse non interessa a nessuno riuscire veramente a conoscere gli altri oltre la superficie, ma non dimenticate che per gli altri, l'altro siete voi. 

venerdì 28 agosto 2015

Convinzioni

Riuscire a dare un giudizio obiettivo su sè stessi è difficile, le persone non sono quasi mai in grado di giudicare correttamente sè stessi. Le persone di grandi capacità spesso si stimano troppo poco mentre gli incompetenti si sovrastimano. Troppa autostima ha come conseguenza un eccessiva fiducia di sè che spesso sconfina in una forma di aggressività. Gli incompetenti sono di solito i più sicuri di sè, quelli che non sanno sono i più certi della loro conoscenza, ed anche se messi di fronte alla illogicità delle loro affermazioni tendono a difendere la loro posizione senza considerare possibilità di loro errori. Una persona veramente competente ed esperta invece, tende di solito a giudicarsi molto più severamente rispetto ad un incapace. Difficilmente soddisfatta di sè, pensa sempre di poter far meglio e non si sente speciale rispetto ad altri, percependosi meno brava di quello che è in realtà. E' dimostrato come sia complicato avere un autogiudizio obiettivo, siamo sicuramente migliori a giudicare il comportamento degli altri rispetto al nostro, e questo vale per ogni persona, nessuno escluso. In linea di massima, sono le difficoltà a riconoscere le proprie incompetenze che porta a un giudizio esagerato di sè. I mediocri non si spaventano per un giudizio negativo, attribuendo ad altri quello che invece è una loro mancanza, un loro limite, a differenza dei saggi, di coloro che sono più competenti, che la prima cosa che fanno è cercare in sè stessi e chiedersi cosa hanno sbagliato, così da potersi migliorare. In conclusione, quelli che sanno di meno, convinti di saper far tutto, sono sicuri di sè, quelli che invece sono più sapienti sono convinti di avere sempre molto da imparare e non si sentono superiori a nessuno anzi, spesso pensano che gli altri siano più bravi di loro.

martedì 18 agosto 2015

Paura

La paura è una reazione ad una precisa minaccia al nostro benessere, una reazione ad una situazione reale, ed è come un sistema d'allarme complicato, ma se ben compreso può diventare una forza perchè ci permette di reagire ad essa. La mancata reazione alla paura è quindi un handicap, così come arrendersi ad essa, subirla, perchè sarebbe come lasciarsi andare alla deriva. Dentro di noi esiste la capacità di reagire, impedendo che la paura possa interferire sulle nostre condizioni fisiche e mentali, sulle nostre scelte, perchè se non si reagisce, può diventare perfino una forma di speculazione. La paura dovrebbe essere affrontata non appena si presenta perchè essa si sviluppa nella mente di chi non vuole ammetterla. Parlarne quindi ha l'effetto di diminuire le nostre paure, senza però cercare di trovare conforto in quelle altrui. Non può consolarci sapere che le paure di qualcuno sono simili alle nostre. Il fatto di parlarne con qualcuno che possa capire, ci può far sentire meglio e magari ci aiuta ad affrontarle, ma non bisogna confondere il coraggio con la paura, spesso è un forma per nasconderla. Non c'è da vergognarsi, capita a tutti di avere paura, anche a coloro che non lo ammetterebbero mai, ma non è la paura che dovremmo temere, ma la mancata reazione ad essa. La paura può quindi assumere forme diverse, può diventare persino una malattia o una forza capace di alterare il destino di tutti coloro che ad essa reagiscono ed in questo senso si può dire che è benefica. Reagendo alla paura possiamo scampare ad un pericolo, possiamo cambiare abitudini sbagliate e spesso migliorarci. La paura non è altro che un emozione ed è per la mente come il dolore fisico è per il corpo. Il dolore, in caso di malattia, ci aiuta a localizzare il male permettendoci di curarlo, allo stesso modo la paura ci avvisa che qualcosa non funziona come dovrebbe, permettendoci di reagire. Quante persone vivono tutta la vita ad aver paura e considerano la gioia e la felicità come cose troppo preziose per potersele permettere, nella loro vita così non riescono a trovare il loro diritto ad essere lieti, a godere dei momenti di pace, di divertimento o di gioia. Ci sono anche quelli che vivono nel timore costante che la loro esistenza possa variare, quindi preferiscono l'immobilismo alla possibilità di cambiare, magari anche in meglio, ma variare implica la necessità di prendere nuove decisioni e di accettare nuove responsabilità. La paura di restare soli può farci fare scelte sbagliate, accontentarsi di un qualcuno pur che sia, la paura di essere malati o di invecchiare può farci già sentire malati o vecchi, la paura di sbagliare crea immobilismo, la paura di soffrire è già sofferenza. E' sciocco supporre che la vita sia solo un succedersi di cose belle e piacevoli ma è altrettanto sciocco pensare di non meritare di meglio o che la felicità sia riservata a qualcuno e non ad altri. La paura nasce dall'ignoto, trae nutrimento dall'incertezza, ma benchè la vita stessa sia incerta, la paura non deve essere il prezzo che si paga per vivere.