giovedì 26 novembre 2015

L'epoca della paura

Sin dai primordi l'essere umano ha sempre temuto pericoli reali o immaginari, specialmente derivanti dalla venuta di un altro essere umano e particolarmente dalla presenza di un essere umano di colore diverso dal proprio, da un diverso modo di pensare, di religione diversa, paese o ideoligia sociale non uguale alla propria. L'esistenza di per sè rappresenta una serie di rischi costanti ma non tutti sono reali, alcuni sono apparenti, altri nascosti e altri del tutto inesistenti. Nonostante vi siano dei rischi, la vita però seguita a progredire, sviluppando al tempo stesso dei mezzi per proteggersi dai pericoli. La minaccia quando esiste realmente, deve essere controllata ma con buon senso ed equilibrio. Il vago concetto che il nostro destino possa essere controllato dagli umori di uomini potenti, non fa che accrescere il senso di panico e le paure. Il paradosso è che nonostante tutti i progressi tecnici e scientifici, che avrebbero potuto portare benefici all'intera umanità, gli uomini si pongono gli uni contro gli altri, le nazioni contro le nazioni, indebolendosi nell'odio e sprecando i benefici del progresso. La scusa della diversità religiosa o di stile di vita o di una qualsiasi diversità, per giustificare il crescente bisogno di mezzi sempre più potenti di distruzione per proteggere il nostro senso di sicurezza, non sono sostenibili, sono solo giustificazioni create da poche persone per confondere l'opinione della maggior parte della gente, tendono invece esclusivamente al mantenimento dell'esercizio del potere, alla speculazione. Il pericolo maggiore dei nostri tempi è quello derivante dagli odi che prosperano nell'ignoranza e dai pregiudizi ereditati dai predecessori che possono convertire il progresso in distruzione. L'essere umano si fortifica con la conoscenza, la collaborazione, e più di ogni altra cosa, la verità, perchè in essa si disperdono le superstizioni e le paure lasciando dietro di sè un terreno fertile in cui c'è spazio per coltivare la speranza.

giovedì 12 novembre 2015

Ho smesso

Ho smesso di credere nella bontà delle persone anche se per fortuna ancora qualcuno esiste, se pur raro,  che fa qualcosa per gli altri senza secondi fini. Trovarlo però, è come cercare il famoso ago nel pagliaio, così diffficile e raro poterlo trovare che il più delle volte, quando credi di esserci riuscita, ti accorgi che è come tutti gli altri.
Ho smesso di aver fiducia nella specie umana, la peggior specie esistente sulla terra. Più parassita dei parassiti, più feroce di qualsiasi belva, succhiatrice di linfa, avida, egoista, manipolatrice e per questo, se non si ravvede in tempo, destinata all'autodistruzione. Quei pochi ancora degni di essere chiamati esseri umani, le persone brave e oneste, spesso restano al palo, e non è più sopportabile, se mai lo sia stato, vedere che siano i furbi, gli scaltri e i disonesti ad avere sempre vita facile. Troppi spiriti liberi vengono lasciati soli contro il conformismo e coloro che si sono sottomessi a una disciplina dispotica finiscono per sentire orrore per chiunque pensi e agisca liberamente.
Non abbiate paura di andare controcorrente se ritenete sia giusto farlo, non seguite il flusso solo per pigrizia mentale, allo stesso modo, esprimete con sincerità quello che realmente pensate senza timore che quello che dite possa procurare antipatie o simpatie nei vostri confronti.
Non ho smesso di credere che sia giusto così, non ho smesso e mai lo farò di credere che sia questa la libertà e per quello posso affermare di esserlo. Essere se stessi, essere ciò che realmente siamo con onesta e rispetto verso il prossimo è libertà, contrariamente a ciò che la maggior parte pensa che sia, cioè fare tutto ciò che si vuole.
Ho smesso però di credere che al momento vi siano persone che possano apprezzare questa maniera di essere e di porsi, sicuramente più difficile rispetto al più comune atteggiamento di compiacenza, spesso solo apparente. Anche se può sembrare una contraddizione, non ho però smesso di sperare che prima o poi ci sia qualcuno che riesca a sorprendermi.

lunedì 2 novembre 2015

Commemorazione dei defunti

Oggi,giorno della commemorazione dei defunti, molti si recheranno al cimitero a far visita ai propri cari, come ho fatto anch'io nonostante non sia una grande frequentatrice di quel luogo sacro. Non sono come quelli che si recano spesso ad omaggiare i propri defunti con la loro presenza, sempre attenti che i fiori con i quali adornano le tombe abbiano la giusta quantità d'acqua e non vi siano fiori appassiti, come se loro, i defunti, potessero vederli. Certo, ognuno ha il proprio modo di vivere il dolore e di sentirsi confortati nel poter ritrovare il proprio caro in qualche modo, anche in una fredda lapide.
Ciò che in particolar modo mi indegna dei cimiteri, è come anche da morti venga sottolineata la differenza di classe sociale, messa in evidenza dalla pomposità di alcune tombe, dalle cappelle private a confronto dell'essenzialità di altri loculi. Come se tutto ciò potesse testimoniare la validità o meno del corpo o ciò che ne rimane, che lo ospita. Comunque ciò disturba o inorgoglisce, a seconda dei casi, i vivi, un morto se ne frega se è seppellito in una cappella privata o nella nuda terra. Un morto è un morto, sono i parenti che ci tengono a far bella figura. Sarebbe bello però vedere che almeno da morti saremo considerati tutti uguali.
Un'altra cosa che proprio non sopporto è l'abitudine, se di quello si tratta, di alcune persone di parlare di un defunto, sempre e comunque come di una brava persona, magari un santo, anche se da vivo lo consideravano diversamente. Se qualcuno in vita è stato una brava persona, sarà di sicuro ricordato come tale, ma se non lo era, non è che la morte possa trasformarlo in qualcun'altro. La morte non conferisce per diritto la santità. E' vero che è peccato parlar male dei morti, anche dei vivi se è per quello, ma è peccato anche dire falsità. Per come la penso io, delle persone dobbiamo occuparcene quando sono ancora in vita, quando hanno bisogno di noi, quando possiamo godere della loro presenza e loro della nostra. Coloro che ho amato e ancora amo e non ci sono più, le tengo nel mio cuore e rivivono nei miei ricordi, rivivono ogni volta che ne parlo con qualcuno, così riesco a ritrovarle ogni volta che sento la mancanza della loro presenza fisica. Per questi motivi non ha molto senso per me cercarle in una tomba, ma rispetto coloro che ne trovano conforto.