mercoledì 27 gennaio 2016

Una nuova educazione

Più che in passato, la scuola oggi dovrebbe suscitare l'iniziativa, la responsabilità e un altro stile di relazione tra insegnante e allievo. Quello che senza dubbio esprime meglio lo stile di relazione nell'ambiente scolastico è il concetto di atteggiamento. Mantenere il ragazzo nella passività e nella dipendenza rischia di soffocare gli slanci spontanei e favorisce l'abitudine a chiudersi in se stessi. Per rinnovare il suo ruolo l'educatore dovrebbe mettere in gioco se stesso e mettersi in condizioni di aiutare veramente gli alunni. Il tipo di comunicazione a senso unico, gli atteggiamenti direttivi non sono il miglior modo di relazionarsi. Spesso infatti sono le tensioni emotive, legate a queste relazioni, che compromettono il clima di comprensione e il lavoro di cooperazione. E' un atteggiamento di disponibilità, un attenzione che non sia un'osservazione fredda ma piena di calore umano, sforzarsi di sentire la sfera privata e manifestare una comprensione verso l'allievo che lo predispone a non chiudersi in se stesso. L'insegnamento autoritario, onnipotente, è sempre stato inefficace ma questo non vuol dire che il ruolo dell'educatore o maestro abbia perso la sua importanza, è solo un ruolo diverso. In tutti i casi, l'educazione non consiste in una finta soppressione o nell'ignorare i problemi, ma permettere al ragazzo di affrontarli con fiducia proprio grazie ad un atteggiamento positivo dell'educatore. Gli alunni in classe sono un gruppo di lavoro specifico, composto da membri che devono essere considerati uguali tra loro e di un educatore anch'esso membro del gruppo ma con un ruolo diverso. Egli così non è un capo, è un membro del gruppo al servizio del gruppo stesso. Non si tratta più di dominare il gruppo o il singolo, ma di una cura costante per cercare le migliori condizioni del lavoro comune. E' certamente più facile fare una lezione di matematica o di geografia, cercare di inculcare una certa quantità di sapere, comunicare delle conoscenze, che rendere un ragazzo capace di acquisire queste conoscenze da se stesso, dedicarsi al gioco della scoperta. E' qui che l'educatore deve mettere in gioco tutte le sue abilità e le sue cognizioni, destare curiosità, rendere utilizzabili gli strumenti di lavoro ma più che altro stimolare gli alunni. Un'altra cosa che a mio modesto parere bisognerebbe rivedere, è la concezione di uguaglianza. Non è piazzando i ragazzi negli stessi locali con gli stessi maestri e uguali programmi che si crea l'uguaglianza, questa è solo un uguaglianza formale. Tra i ragazzi ci sono differenti attitudini che richiedono differenti metodi di insegnamento, ed anche se non è possibile averlo su misura per ciascuno, sarebbe necessario oltre ad un istruzione di base comune a tutti, conoscenze comuni che deve avere ogni cittadino, affiancare già nella cosiddetta scuola dell'obbligo,  specializzazioni che permettessero alle attitudini eccezionali di potersi sviluppare. Una volta garantita e realizzata l'uguaglianza dei ragazzi di fronte all'accesso alla cultura, bisognerebbe creare un fondo speciale d'investimento che dia fiducia al rendimento delle risorse dell' intelligenza, che permetta di formare e mantenere nel paese quelle menti superiori scelte soltanto per il loro merito. Un sistema educativo che rischia di lasciare non utilizzate in occupazioni minori o di far espatriare menti di qualità eccelse, è un sistema che compromette le possibilità della nazione. La vera uguaglianza quindi non è soltanto dare ad ognuno le stesse possibilità ma riuscire a far si che ognuno possa esprimere al meglio le proprie attitudini, in pratica mettere i pesci nell'acqua e gli uccelli nell'aria.

lunedì 4 gennaio 2016

Buoni propositi

Il 2016 è appena iniziato, molti di noi si saranno scambiati i consueti auguri pieni di buoni propositi per il nuovo anno, avranno espresso desideri o si saranno posti delle mete da raggiungere. Al di là di tutto, ciò che accomuna ognuno di noi è la ricerca di benessere, inteso come benessere del corpo e quindi salute, ma ancor prima quello della mente, dell'anima, e allontanare ogni dolore. Il piacere e il dolore però non sono conoscenze che si possono tramandare o tentare di spiegare perchè sono delle esperienze soggettive, ognuno di noi le percepisce a seconda della propria sensibilità, ciò che per qualcuno è insopportabile o piacevole per qualcun'altro non lo è, così come vi sono piaceri e dispiaceri di ordine fisico e di ordine morale. Spesso c'è anche poca differenza tra un inquietudine di ordine morale o metafisica che dir si voglia e quella del corpo. Un pugno ricevuto durante un incontro di boxe potrà essere meno doloroso di quello ricevuto, metaforicamente parlando, nel corso di una lite. Il secondo ha un significato diverso dal primo e non è detto che faccia meno male, così è per il piacere. Spesso un piacere sollecitato da un complimento sincero o meglio ancora, sentirsi gratificati, compresi, approvati, può darci una sensazione di benessere e quindi di piacere, sicuramente più duratura del solo benessere del corpo ed a volte anche più intensa. Il piacere fisico appartiene ad una sensazione che sfugge mentre tutto ciò che sollecita piacevolmente la psiche appartiene in qualche modo alla continuità. La vera gioia, il vero piacere, non può essere un susseguirsi di istanti separati, una collezione di piaceri senza alcuna continuità. Porsi uno scopo, riuscire a far bene, ci permette di assaporare il piacere per tutto il tempo in cui ci dedichiamo al suo compimento, alla riuscita della nostra opera. Il piacere, la gioia, suppongono quindi il tempo di un azione in cui noi possediamo il tempo e non ne siamo posseduti, come invece avviene per la noia. Il piacere è sicuramente un bisogno, non si può certo dire che sia semplicemente assenza di dolore perchè la cessazione del dolore è certamente un sollievo ma non è il coronamento del piacere, così come togliere un bisogno non è la stessa cosa che soddisfarlo. Sentirci sollevati, sentirci liberati da qualcosa che ci opprime si confonde spesso con la cessazione del dolore, ma non è piacere, così come privarsi di un piacere, privarsi di ogni soddisfazione, non è il miglior modo per dimenticarselo, anzi spesso è il contrario. Non si può nemmeno aspettarsi di guarire il male fatto per sentirsi meglio con la propria coscienza infliggendosi un dolore, la teoria dell'espiazione capace di riscattare un errore commesso è molto discutibile, nè può aiutare coloro che lo hanno subito. Ciò che può sanare le ferite, darci sollievo, è lottare veramente contro il male e dare spazio alle cose buone.


" Now there's a certain thing that I learned 
   C'è una certa cosa che ho imparato
one must always flush out his house             
che uno deve sempre tenere la propria casa spazzata
if he don't expect to be housing flushes
se non ha in programma di tenersi la spazzatura."

                               Bob Dylan