domenica 9 dicembre 2018

Bottoni rossi

C'è abbastanza negatività nel mondo per contribuire ad aumentarla ed ogni volta che reagiamo con collera o astio facciamo scattare il meccanismo di difesa degli altri, contribuiamo a far alzare le barriere difensive. Il malumore è contagioso ma per litigare occorre sempre essere almeno in due. Se riuscissimo a eliminare le reazioni automatiche deleterie potremmo calmare la situazione, il che non significa che non dovremmo reagire alle critiche o essere remissivi,significa adottare l'azione positiva necessaria a ritrovare la serenità. Certo è più facile a dirsi che a farsi. Ognuno di noi ha il diritto di aspettarsi di essere trattato dignitosamente e con rispetto, quando ciò non succede i nostri "bottoni rossi" interni iniziano a lampeggiare. Sicuramente non occorre essere furibondi per precisare a qualcuno con tono fermo e pacato le nostre ragioni, spesso però, quando tentiamo di mantenere la calma di fronte ad una provocazione, cercando di rispondere in maniera rispettosa senza offendere nessuno, succede che l'altro si senta autorizzato ad approfittarsi delle nostre buone intenzioni o di ignorarci, ed ecco che quei famosi "bottoni rossi" ritornano a lampeggiare. L'accumulo di stress sicuramente contribuisce al malessere, e nella vita di tutti i giorni  ci sono spesso motivi per sentirsi stressati, non dovremmo però scaricare il nervosismo su chi non ne ha colpa.Sarebbe bene che ognuno si facesse il proprio esame di coscienza prima di sfogare i propri malumori sugli altri, specie se non ne sono responsabili.

mercoledì 7 novembre 2018

Io robot

L'accelerazione del progresso tecnologico negli ultimi anni ci consente di assistere all'immensa trasformazione del nostro tempo e immaginare quello che potrebbe avvenire in un futuro nemmeno troppo lontano.Durante il corso della storia, l'essere umano ha fatto scoperte che gli hanno reso man mano più facile l'esistenza ma, da un certo punto in poi alcune scoperte o meglio evoluzioni di scoperte, potrebbero rivelarsi causa di appiattimento dell'individuo, oltre a procurare la scomparsa di molti lavori. Non c'è dubbio che la tecnologia abbia agevolato la vita di ognuno di noi ma non possiamo tener conto dei suoi aspetti negativi. Certo è che diverse capacità umane non sono replicabili e difficilmente lo saranno anche in futuro, per questo, più che verso una disoccupazione di massa causata anche dall'automazione, andremo verso una evoluzione del lavoro, sempre che venga posto un limite a questo cambio di impostazione. E' vero che la tecnologia può, e in molti casi avviene già da tempo, liberarci dalla routine, dai lavori pesanti o velocizzarli, e in questo senso è molto utile, ma il rischio è che molti lavori tendano a scomparire e quella disoccupazione causata anche dalla tecnologia proceda ad un ritmo sempre più vertiginoso. Certo, perchè i robot e le macchine che vengono usati in vari settori al posto degli esseri umani sono più convenienti. Non si ammalano, non protestano nè chiedono aumenti, sono sempre puntuali, non si distraggono e più che altro a loro non vengono pagati contributi pensionistici, nè ferie o indennità.Forse sarebbe il caso di provvedere ad una tassazione.
Ove ancora la meccanizzazione non venga impiegata, l'uomo viene spesso trattato come una macchina, con orari e ritmi lavorativi inumani, senza nessun rispetto del suo essere vivente ed in quanto tale con dei bisogni e necessità che dovrebbero essere tutelati. Le tutele invece, sono finora esistite per quell' imprenditori che agitando lo spauracchio della delocalizzazione per speculare maggiormente, costringevano i lavoratori ad accettare condizioni insostenibili pur di lavorare, tutele che esistono per quei datori di lavoro che non tengono conto delle norme e leggi vigenti in ambito dei diritti lavorativi, tanto nessuno controlla, mentre occultano clausole lavorative insostenibili.
In pratica per trovare un lavoro, sempre se ancora esiste, dovresti accettare di lavorare più ore dell'orologio, naturalmente senza protestare, ad una paga misera o per niente adeguata all'orario e alle mansioni richieste, ovviamente con stipendio in parte fuori busta con nessun vantaggio per te, ma sicuramente per il datore di lavoro, dovresti essere sempre in forma perchè non puoi ammalarti, altrimenti dovresti lavorare lo stesso se vuoi tenerti il posto. Dovresti...dovresti essere un robot.
Semplice no,trasformare l'essere umano in macchina e le macchine in esseri umani. Non è forse questa la strada che vorrebbero intraprendere tutti quelli che si lamentano di non trovare lavoratori disposti a vivere per lavorare, logicamente a loro vantaggio. Coloro che vorrebbero un robot umano con stipendio da fame, che non chiede aumenti, non si lamenta, non si ammala, a cui non pagano i contributi, al quale chiedere all'occorrenza di trovare soluzioni non previste o fantasiose, cose che un semplice robot non potrebbe fare.
L'assurdo è che mentre nei robot cercano di imitare l'essere umano con le sembianze, la voce, le espressioni facciali per simulare delle emozioni che solo un essere vivente può avere, il genere umano sembra esserne sempre più privo.
Di sicuro non si può rallentare il progresso ma, un progresso tecnologico che sfocia in un lavoro sempre più meccanizzato è come il cambio climatico, se non verrà posto un limite, un tetto come con le emissioni nocive, forse ci ritroveremo in un futuro non troppo lontano a dovervi porre rimedio.   



venerdì 5 ottobre 2018

C'è poco da ridere

Non mi fanno ridere le battute sarcastiche, al limite possono provocarmi un accenno di sorriso, così come non trovo divertente il famoso humour inglese, una freddura per quello che mi riguarda. La maggior parte delle volte le barzellette mi lasciano indifferente, chissà se dipende da me, dal loro contenuto,da chi le racconta o semplicemente non ho molti motivi per ridere e non lo faccio facilmente.Di sicuro far ridere è molto più difficile che far piangere, per quello basta poco, almeno per chi ha ancora un pò di sensibilità, sulla quale a volte, gente di pochi scrupoli tenta di far leva per raggiungere i loro scopi, mentre di pietà da parte loro non ne esiste nemmeno l'ombra.
Certo è che tutti abbiamo bisogno di ridere ogni tanto, ridere per davvero, non quei sorrisetti stiracchiati che sono una forzatura. Abbiamo bisogno di farlo anche nei momenti meno felici della nostra esistenza, anzi, sopratutto in quei momenti. Da ragazzini era più semplice trovare un motivo per farlo, con la spensieratezza degli anni giovanili era facile ridere di gusto e, a pensarci bene, si rideva di niente. Il famoso fanciullino al quale ognuno vorrebbe tenersi ancorato per vivere la vita con leggerezza, durante il corso dell'esistenza viene messo a dura prova, forse la vita stessa è una serie di interminabili prove e, a seconda delle difficoltà che troviamo, da come reagiamo ad esse, da chi incontriamo sul nostro cammino, abbiamo più o meno possibilità di far emergere il nostro lato più spensierato, quel fanciullino che esiste in ognuno di noi. Ci sono però degli adulti che più di farlo affiorare sembrano essere rimasti all'infanzia, eterni irresponsabili sui quali non si può fare affidamento, bambini mai cresciuti perennemente in cerca di mamma o papà nei rispettivi partner a cui appoggiarsi, che vogliono vivere la vita da eterni adolescenti addossando ad altri tutte le responsabilità, senza badare alle conseguenze delle loro azioni. C'è anche gente che, oberati dai problemi e/o responsabilità, non riescono più a trovare, almeno ogni tanto, motivo di sorridere. Ma piangersi addosso e inveire contro la sfortuna non serve a niente.In periodi difficili si può essere tentati di chiudersi nelle proprie paure, smettere di sperare o reagire con astio contro chiunque ci si avvicini impedendoci, a volte, di non riuscire a vedere qualcuno che vorrebbe aiutarci. Nessuno però vuole aiutare chi non fa il possibile per risollevarsi, chi rimane inerme a crogiolarsi nei propri dispiaceri senza almeno tentare di cambiare quello che sembra essere il proprio destino.
E' certo che ognuno ha i propri problemi a cui far fronte e non si può assillare gli altri con i nostri, ma non sempre si può essere ottimisti, parlare di cose felici. Sorridere di fronte alle avversità della vita sicuramente può renderci più simpatici, crea un clima più positivo ma come si fa ad avere sempre un sorriso stampato in faccia. Oddio, c'è anche chi riesce a farlo, riesce a esibire quei sorrisi finti da ebete che mi sanno tanto di una presa per i fondelli, chi ci crede più. E' inutile nascondersi dietro una parvenza di felicità, dire che va bene anche se non è vero, così come è deleterio fare di ogni cosa un dramma, avere sempre il muso lungo. Nessuno vuole avere a che fare con dei lagnoni o con chi è sempre arrabbiato. Come reagiamo ad ogni ostacolo dipende da noi ma,quando i problemi da affrontare riguardano la sopravvivenza è un pò difficile sorridere, non essere in ansia o essere indulgenti contro le ingiustizie. Ognuno di noi. ogni tanto, sente la necessità di staccare dai problemi, concedersi un pò di svago e ripartire con l'animo più leggero, però c'è poco da ridere se non sai come mettere insieme il pranzo con la cena e lo stomaco non ne vuol sapere di smettere di brontolare. C'è poco da ridere quando sei costretto a vivere in precarietà, quando le condizioni lavorative sono pessime o lo stipendio non ti permette di vivere dignitosamente, quando non c'è nessuno che offra la possibilità di risollevarti ed un sorriso non basta a scaldarti il cuore e la mente. Soltanto quando si inizia a vedere uno spiraglio, la possibilità concreta di potersi rialzare, potremo sorridere dei guai, non dare troppo peso alle piccole avversità della vita e magari, tornare a ridere di niente.   

lunedì 7 maggio 2018

Progresso regresso

Guardatevi attorno e date uno sguardo al progresso dell'umanità. L'insicurezza economica e sociale hanno reso la nostra generazione piena di ansie che spesso rasentano la disperazione. I valori tradizionali tendono a diventare privi di significato, la disperazione fiorisce paradossalmente in un era di conquiste tecnologiche e scientifiche, ma la domanda che cresce sempre di più è quella di una stabilità economica e sociale. L'odierna esigenza di tranquillità purchè sia,anche solo momentanea, contribuisce a creare fragili barriere perchè non fa altro che ritardare il momento in cui dovremmo affrontare i problemi di cui non è possibile negarne l'esistenza. Non esiste una tecnica facile per poter acquisire un armonia, la complessità della vita spesso non consente una risposta semplice per ciascun problema ed è inutile cercare delle scorciatoie.
Il processo di industrializzazione ha provocato cambiamenti nelle città e nelle campagne, ma ha anche trasformato il pensiero e l'animo umano. Le mille voci del nostro tempo mostrano come nella vita spesso manca, in generale, ciò che è decoroso e opportuno tra gli uomini, il senso della morale e del rispetto reciproco oggi sostituiti da valori passeggeri, da cambiamenti puramente momentanei.
In sintesi potremmo dire che c'è stato un progresso regresso, con un brulicare di cialtroni e imbroglioni, presunzione e avidità, ove nella lotta al potere il problema del bene e del male non si pone, ove prosperano spregiudicati che fanno affari fomentando la miseria e la guerra, rendendo l'uomo facile preda di gente senza scrupoli che approfitta delle necessità.
Alla cupa sensazione di sfacelo si contrappone, da parte di alcuni, una ricerca intensa, appassionata e meditata, uno sforzo serio verso mete più elevate, cercando di dare una speranza che non sia solo una dolce illusione ma qualcosa di concreto. Ed è proprio in coloro che si impegnano senza sosta e avidità, senza rendiconto personale, in cui tanti disperati sperano di trovare un sostegno che porti a superare il nostro tempo difficile e problematico. Questa è una grande responsabilità, perchè è dall'operato di pochi che dipende il futuro di molta gente che spera di trovare la possibilità di ripartire.
Assumere posizioni intransigenti potrebbe però impedire la possibilità di approcci diversi nei riguardi dello stesso obiettivo. Non potrà quindi essere segno di debolezza considerare il punto di vista altrui, come non è segno di forza negare a prescindere ogni posizione diversa dalla propria.
Certo è che il popolo non vuole illusioni, non vuole essere più ingannato con false prospettive di cambiamento. Cambiare significa cambiare in meglio, con reali benefici per la società e per i tanti cittadini in difficoltà, e non con false prospettive che non risolvono i problemi, atte solo a conservare i privilegi di coloro che, di privilegi mascherati da finti diritti acquisiti, ne hanno fin troppi.
Se non verranno aiutate le fasce più deboli a risollevarsi riequilibrando l'enorme divario tra ricchi e poveri, che non sarà certo una tassa uguale per tutti a colmare ma che anzi, sarà l'ennesima ingiustizia; non verranno aboliti i privilegi ed attuata una legge per il conflitto d'interessi, non si potrà parlare di possibile progresso.
Se non verrà attuato un piano di sostegno economico ai disoccupati, continuando a negare l'evidente impossibilità di trovare un lavoro congruo immediato,che spesso costringe i più disperati ad accettare condizioni lavorative al limite della schiavitù, e al tempo stesso non verrà ricercato il modo di concretizzare nuovi posti di lavoro che offrano dignità alla persona, impedito la ricollocazione all'estero di aziende italiane che abbiano ottenuto degli incentivi dallo Stato, snellito le pratiche burocratiche e sopratutto premiata la meritocrazia, come potranno i cittadini credere ancora nelle istituzioni, nello Stato, e sentirsi da esso rappresentati.