sabato 17 dicembre 2016

Auguri a tutti

Tutti conoscono il significato religioso del Natale e quale sia il suo messaggio umanitario. Anche se per qualcuno è solo una festa in più sul calendario, un opportunità consumistica o un giorno di riposo dal lavoro, in questi momenti così difficili per molti, si fa sentire ancora più forte la necessità e il desiderio di ritrovare tutti quei valori importanti e fondamentali per l'uomo. Valori sempre più spesso dimenticati, come il senso della comunità, dell'amicizia, amore, generosità, rispetto, fiducia e collaborazione, oggi sostituiti da valori effimeri, da apparenze, da finti perbenismi di cui nessuno sente più la necessità. Con l'avvicinarsi del Natale, guardando agli avvenimenti del nostro tempo, mi chiedo anche dove sia quel Natale simbolo di pace, di riconciliazione e speranza. Certamente non nei luoghi in cui la guerra fa strage di innocenti senza che nessuno muova un dito per porre fine a tale abominio, neanche dove gli uomini si pongono gli uni contro gli altri in lotta per il potere invece di collaborare per risolvere i problemi dell'umanità, nemmeno nelle strade dove c'è chi non ha di che sfamarsi, un posto in cui ripararsi e nessuno che dia loro una speranza. Il Natale non penso nemmeno si possa trovare tra le tavole imbandite di ricchi commensali che esibiscono lo sfarzo dei loro abiti e gioielli costosi, dietro i quali batte un cuore indurito dall'avidità e dal potere, gente che non rinuncerebbe a niente per salvare una vita. Neanche la rituale passerella alla S.Messa di Natale basta per incarnare lo spirito natalizio, per il bambinello Gesù nato in povertà non può essere sufficiente la passiva partecipazione alla litania liturgica per sentirsi assolti da ogni peccato o credersi dei buoni cristiani. Ma il Natale può essere ovunque se lo vogliamo. Di sicuro lo spirito natalizio si trova tra coloro che aiutano chi ne ha bisogno, coloro che donano un pasto caldo a chi non ha niente, che consolano gli afflitti, offrono un sollievo agli ammalati, ma si trova anche tra coloro che riescono semplicemente a godere della gioia di stare insieme senza bisogno di grandi sfarzi o abbondanza. Auguri a tutti.

venerdì 16 settembre 2016

# io dico no

La possibilità di una società basata sulla giustizia, verità, amore e bellezza intesa come rappresentazione non solo estetica, oltre un sogno nobile, è una necessità. La necessità consiste nel far emergere nuovi valori anteponendoli al materialismo perchè non ci saranno mai abbastanza leggi, finchè ci sarà un mondo pieno di odio e cupidigia. La giustizia trae la sua forza dall'amore per i diritti umani, dalla fede per la dignità dell'uomo, del bene comune, ma il malcontento e la carenza nutrizionale affliggono metà del mondo. Per difendere la quota eccedente della loro ricchezza, una parte dell'umanità spende più di quanto sarebbe sufficiente a sfamare l'altra parte che soffre la fame. Finalità sociali, spartizione delle risorse e della ricchezza, coscienza globale, dovrebbero rapidamente prendere il sopravvento affinchè l'essere umano non sia destinato a vivere solo di istinti, senza più senso di umanità, senza più rispetto per niente e nessuno, come una lotta tra belve. Risolvere i problemi dell'eccesso di consumismo, della cattiva distribuzione e dell'oppressione economica, non significa ridursi alla povertà o a elemosinare, al contrario, è una via per la crescita. L'aspirazione ad una società giusta, pacifica, produttiva e creativa, può essere realizzata però solo traendo origine dalle menti, cuori e comportamenti di ogni cittadino. Anche le nostre istituzioni sono il riflesso di ognuno di noi, dei nostri comportamenti, questo vuol dire che se non facciamo nulla perchè qualcosa cambi, avremo la guida che ci meritiamo. E' fin troppo facile attribuire sempre la colpa al governo, alla burocrazia, per tutto ciò che non funziona, che anche se è vero che non funziona, non può essere un alibi dietro il quale nascondersi senza prima esaminare il proprio operato. Se ognuno di noi si assumesse le responsabilità delle proprie azioni, invece di attribuire sempre la colpa agli altri di quello che non va, forse le cose sarebbero migliori. Invece si vive in un mondo in cui nessuno è mai responsabile di niente, in cui ognuno può sentirsi in pace con se stesso una volta assolto il proprio compitino e nulla di più, senza nessuna iniziativa che vada oltre il minimo sindacale. Un mondo in cui il così "fan tutti" vorrebbe giustificare qualsiasi malefatta, in cui tutto ciò che non funziona è sempre colpa del malcapitato di turno, senza guardare le origini delle cose. Un mondo ingordo, che si fa beffa delle sofferenze altrui, che non sa più cosa sia la misericordia, disposto a utilizzare qualsiasi azione infamante, calpestare la dignità delle persone, valori e sentimenti. A un mondo così io dico no. Proprio per il mondo in cui viviamo, a volte ci sentiamo in dovere di ringraziare chiunque svolga bene e con coscienza il proprio lavoro, che ci porta quasi a considerarlo un eroe, un mondo in cui chiunque mostri un minimo di umanità, un pò di gentilezza e un briciolo di comprensione, viene quasi considerato un santo, un mondo in cui tutto ciò che dovrebbe essere normalità viene invece considerata eccezione. Lo stesso mondo che rifiuta chiunque si discosti da quel modo di agire e pensare consumistico, egoistico e capitalistico, da chiunque desideri un mondo basato sulla normalità e non sull'eccezione. Una responsabile azione sociale sviluppa come naturale conseguenza attenzioni e premure verso gli altri, ciò vuol dire essere attenti e attivi nella difesa dei diritti di tutti e non solo dei nostri. Una volta che la nostra mente si sarà evoluta non potrà mai tornare quella che era prima, e non c'è nulla di più potente di un idea che è giunto il momento di attuare.  

sabato 20 agosto 2016

La vera bellezza

Noi esseri umani siamo tutt'uno con quanto ci circonda ma non deteniamo o abbiamo il diritto esclusivo del nostro pianeta, altre specie o razze popolano cielo, mari e terra. Se non guastate dalle brutture, la bellezza della natura è la più nobile di tutte. Una rosa non ha bisogno di niente per essere profumata, nessuno deve insegnare al vento come far danzare l'erba nei campi, ai raggi del sole come penetrare tra i rami o alla luna come riflettersi nel mare. Un tramonto non ha bisogno che qualcuno lo colori, nè le stelle necessitano di un interruttore da accendere per poter brillare. Milioni e milioni di miracoli avvengono ogni giorno, i miracoli della vita. La natura con tutte le sue specie, non ha bisogno dell'intervento dell'uomo per poter vivere, è la specie umana che non può farne a meno, la stessa specie umana che ha fatto scempio del Giardino dell'Eden, e di molte creature che lo popolavano. L'ozono, agenti cancerogeni, erosioni del suolo, abusi, specie minacciate, sono la conseguenza del progresso e i risultati della cupidigia di comportamenti deleteri dell'uomo. A parte il pericolo di guerre, del crescente aumento di malattie derivanti dall'uso indiscriminato di sostanze nocive e gas tossici, di un agricoltura irresponsabile e altri fattori che hanno contribuito a ridurre le zone un tempo fertili, sono in pericolo la qualità del cibo e quindi della nostra stessa esistenza, oltre alle fonti di energia che non sono inesauribili. La specie umana, da tempo si è accorta di ritrovarsi in un mondo in cui la vita e i valori comunitari si sono disgregati a favore del profitto,per tale motivo, per fronteggiare con successo questi problemi di ordine ecologico e demografico, gli uomini hanno bisogno di nuovi concetti etici e sociali, trattati non dal singolo ma dall'intera umanità. Ripulire e purificare il nostro pianeta, ristabilire un sano rapporto tra la natura e l'uomo, rispettandola, non è una questione di orgoglio, bensì forse, della sopravvivenza di molte specie tra cui quella umana.

mercoledì 3 agosto 2016

Diritto al non conformismo

I mezzi di comunicazione di massa, rivolgendosi ad un pubblico vastissimo, forniscono a chi ne ha il controllo una responsabilità ed un potere enorme. Il potere deriva dal fatto che troppo spesso vengono utilizzati per manipolare le menti meno attente in pro di fini politici, di vantaggi finanziari o semplicemente per distrarre dai veri problemi. La manipolazione invece, opera selezionando i fatti,  presentandone una visione parziale o sfruttando i timori e le speranze del pubblico, raramente è possibile controllare quello che ci viene detto. Quando non abbiamo accesso ad alcune notizie, ne risulta una visione parziale e quindi distorta, ed è difficile prendere libere decisioni, così pure il diritto alla critica, ha senso solo quando è possibile far udire la nostra voce prima, e non dopo che sono state prese importanti decisioni che riguardano anche la nostra esistenza. Le parole sono indispensabili per esprimersi, ma in certi casi, qualcuno le usa come fossero cose concrete, tangibili. Alcune parole in particolare, possono assumere una carica fortemente emotiva, specie quelle che richiamano alla religione o al patriottismo, che facciano riferimento ad una fede politica o sessuale, possono eccitare gli animi ed essere usate da individui con pochi scrupoli o fanatici, per provocare. Anche la rapidità con cui viaggiano le informazioni può essere benefica, ma a volte può costituire un danno, quando il più lento processo di accertamento, non permette di far sorgere in noi il dubbio circa la loro veridicità. I mezzi di comunicazione e di informazione sempre più complessi, non corrispondono quindi a un eguale progresso nel loro contenuto effettivo, spesso quantità non vuol dire qualità. Se questo si verifica troppo spesso, può darsi che sia effettivamente ciò che voglia la maggior parte delle persone o che ci sia la convinzione, da parte degli organi che controllano le comunicazioni di massa, che sia così. Più probabilmente le persone, sottoposte a sempre più tensioni nella vita odierna, tendono a rifugiarsi in cose frivole, meno impegnative, per evadere dallo stress quotidiano. Sicuramente, una volta la maggior parte della gente non poteva permettersi di avere accesso a quelli che ora sono i più diffusi mezzi di comunicazione di massa, poteva quindi anche non sapere, mentre ai giorni nostri, i più si accontentano di farsi intrattenere. Così come c'è la possibilità che la maggioranza delle persone, non arriverà mai ad apprezzare l'opera di artisti più o meno grandi, o che non si interessi di filosofia o di scienza, di alta cultura in generale o cultura popolare, può darsi che tutto ciò rimanga una prerogativa di una minoranza dotata di una sensibilità o di un intelligenza particolare, ma non è detto che la maggior parte delle persone invece, non porti in sè i semi di tale doti, che attendono di trovare un terreno fertile per poter germogliare. Non si può apprezzare ciò che non si conosce. I mezzi di diffusione, sono inoltre preziosi strumenti per l'insegnamento di cognizioni generali ma anche specializzate, però ancora è stato fatto poco o nulla per usarli come tali. In molte epoche le idee nuove hanno stentato a farsi strada, e se l'individuo non verrà incoraggiato, mettendolo in condizioni di poterlo fare, a giudicare con la propria testa, non esisterà più la diversità delle idee. Adeguarsi a modelli prestabiliti senza la libertà di informare,essere informati e di conoscere, è come accettare le idee altrui automaticamente, senza ragionarci sopra, e questo è un limite per la libera circolazione delle idee e del nostro diritto al non conformismo.
Dalla tv si stato, in special modo in uno stato democratico, è logico aspettarsi un'informazione imparziale, libera da vincoli o da pressioni politiche, attenta ai contenuti, innovativa e che sia al servizio del cittadino.

lunedì 25 luglio 2016

La voce del silenzio

Gandi diceva "se urli tutti ti sentono" e questo è vero, ma sentire non vuol dire ascoltare. E' un pò difficile non sentire qualcuno che emette un grido, qualsiasi sia la causa che lo ha provocato, il problema è che anche se urli spesso non vieni ascoltato proprio perchè urli. La tua voce potrebbe confondersi tra le molte altre voci che urlano, magari per uno sfogo e non per un urgenza immediata, o forse non vieni ascoltato perchè impauriti proprio dal tuo urlo. Un urlo di gioia o di rabbia è però molto diverso da un urlo di dolore o disperazione al quale non si  può non dare ascolto.
" se bisbigli ti sente solo chi ti sta vicino" non è del tutto esatto. Un bisbiglio può non essere percepito anche quando le distanze sono ravvicinate perchè esso richiede un desiderio, da parte dell'interlocutore, di voler comprendere ciò che vuoi esprimere, ma richiede anche uno sforzo da parte di colui o colei che si esprime, affinchè sia possibile comprendere le sue parole e non essere mal interpretate.
" se stai in silenzio solo chi ti ama ti ascolta" è vero solo in parte. Si dice che il silenzio valga più di mille parole, non sò...forse in qualche caso è così. Quando non ci sono abbastanza parole che possano esprimere ciò che si prova o quando l'emozione ci impedisce di trovarle, allora il silenzio è l'unica cosa che ci rimane, perchè il linguaggio in questi casi, può tradire il pensiero che esprime. Le parole però sono importanti, senza il linguaggio, il pensiero non sarebbe che un sogno, ed i sogni non espressi sono spesso destinati a non realizzarsi. Per questo motivo se ne abbiamo l'opportunità  è sempre meglio esprimersi, in ogni modo che conosciamo, nella maniera in cui ne siamo capaci, se abbiamo qualcosa da dire. Voglio esprimermi, voglio parlare anche quando sono arrabbiata, specialmente se sono arrabbiata, perchè il linguaggio così come ogni forma espressiva, mi permette di riconoscere l'emozione e di poterla dominare, per poi agire a mente calma, e non di subirla e farsi dominare da essa. In ogni caso, anche quando non riusciamo a contenere un emozione negativa, è sempre meglio esprimerla. Un sano vaffa, quando proprio non ne possiamo fare a meno, non ha mai fatto male a nessuno. In certi casi, meglio uno sfogo verbale, se pur poco elegante, che tentare di contenere la rabbia, per poi sfogarla in azioni distruttive per noi e per gli altri. Non è più tempo di stare in silenzio, non è più tempo, se mai sia stato giusto che lo fosse, di subire passivamente.

martedì 12 luglio 2016

Quello giusto

Ognuno di noi dovrebbe imparare a stare bene da solo anche se nessuno è fine a sè stesso. Quando si arriva a sentirsi a proprio agio anche in solitudine potremmo dire di essere pronti a condividere la nostra vita con gli altri. Crescendo acquistiamo progressivi livelli di libertà, diventando meno legati ai nostri bisogni infantili e l'affinità superficiale con gli altri diviene meno importante di quella più intima e vera. E' essenziale essere onesti, non incoraggiare false apparenze per compiacere, così avremo più possibilità di incontrare chi come noi ha queste esigenze. Anche i sentimenti onesti degli altri ci aiutano a capire come questi ci vedono e quando ci sarà una critica costruttiva, aiuterà noi a migliorarci. Si reagisce molto meglio anche alle critiche quando ci vengono rivolte in modo cooperante, così come dovremo imparare a discutere i malumori senza riesumare vecchi attriti, se mai ci siano stati. Uno sbaglio molto comune è quello di riverberare le proprie tensioni sugli altri, su chi ci sta vicino, ma sfogarsi su chi non ne ha colpa non è mai una cosa buona. Tutti noi abbiamo i nostri giorni di forza e giorni di debolezza, giorni tranquilli e altri di tensione, ma solo una mente calma può produrre azioni efficaci anche di fronte alle pressioni dell'esistenza, senza scaricarle sugli altri. Una persona equilibrata, chiede comunque in risposta al rapporto con l'altro, sostegno, aiuto, qualche lode e un pò d'amore quando se lo merita, senza per questo esserne dipendente. Questo infatti non vuol dire essere assetati d'affetto, amare chiunque conceda lodi, vuol dire che nelle nostre scelte prevarranno qualità del cuore e della mente su quelle più superficiali fisiche o economiche, così ogni anima che toccherà la nostra, per quanto lieve sia il contatto, avrà sempre qualcosa di buono da trasmetterci. Spesso ci  preoccupiamo come gli altri si comportano con noi senza prima esaminare il nostro atteggiamento nei loro confronti, ma a volte è più importante essere la persona giusta che cercare la persona giusta.

martedì 14 giugno 2016

Comunicare

Tutto il giorno parliamo o chiacchieriamo con uno scopo specifico ma anche di facezie, perfino i buongiorno e i buonasera sono essenziali nella nostra esistenza perchè ci rendono consapevoli di vivere in una società. Ora che i canali cosidetti di comunicazione sono più numerosi e complessi che mai, c'è però da chiedersi se davvero sia possibile una comunicazione significativa. La parola "comunicazione" è in relazione con la parola latina "communitas" che significa comunità ma anche solidarietà nei rapporti. Il semplice scambio di frasi non vuol dire comunicare. Comunicare vuol dire superare quella sorta di linea invisibile, quel baratro che ci divide da un altro essere umano e condividere la sorte dell'altro e la propria. Senza comunicazione non vi è collaborazione perchè essa costituisce l'unico mezzo per condividere esperienze e informazioni, per capire e farsi capire, per essere e sentirci parte della società. Comunicare davvero è come pensare a voce alta, non necessariamente pensare in modo eguale, ma pensare insieme. Certamente per fare questo deve esserci un clima di fiducia reciproca in cui prevalga la serenità, nessuno affiderebbe i propri pensieri a qualcuno di cui non ha fiducia. Nella libera condivisione si può anche dissentire, ognuno è libero di pensare con la propria testa e proprio per questo a volte potranno esserci delle divergenze, ma non di meno continuare a rispettarsi senza allontanarsi alla prima incomprensione. Non basta quindi parlare del più e del meno o del tempo per comunicare, le comunicazioni aiutano a formare una comunità, ma solo riuscendo davvero a realizzare una condivisione con i propri simili si può dar vita a una forma di comunicazione. Una vita comunitaria in cui le comunicazioni sono fiacche, potrà esserci solo solitudine e noia e spesso potranno farci sentire smarriti tra la folla. 

lunedì 6 giugno 2016

Nati per amare e essere amati

I figli meritano di essere desiderati. Un figlio dovrebbe essere il frutto della pienezza dell'amore, è qualcosa di più di un calderone di ribollenti eccitazioni, è una creatura bisognosa d'aiuto, di attenzioni e d'amore. Il requisito essenziale per la crescita e lo sviluppo, oltre i bisogni vitali, è l'amore. Esattamente come un albero che da un seme nasce e cresce fino a diventare un monumento della natura, per potersi sviluppare bene, le condizioni devono essere quelle adatte. Fin dalla nascita siamo esseri pronti per agire come creature che vogliono e devono essere amate, che vogliono e devono amare le altre, ed è l'esperienza infantile che plasma i mattoni portanti del nostro futuro da adulti. L'essere circondati di amore è praticamente la fonte della nostra sicurezza, fiducia, confidenza, autostima, del nostro benessere e felicità. Un ragazzo cresciuto amorevolmente imparerà a considerare gli altri in modo amorevole, così collaborazione e attenzioni nei confronti degli altri saranno istintive, quanto sembrano essere oggi noncuranza e indifferenza, e nella peggiore delle ipotesi, aggressività e violenza. Il fine dell'educazione è anche quello di aiutare ogni creatura a diventare tutto ciò che è in grado di diventare. " I vostri figli arrivano per vostro tramite, ma non da voi, e sebbene siano con voi, non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri, perchè essi hanno i loro propri pensieri. Potete tentare d'esser come loro, ma non cercate di renderli eguali a voi" K.Gibran
Non tutti però hanno la fortuna di nascere e crescere circondati d'amore, ma anche se abbiamo avuto inadeguate cure o esperienze di vita penose, dovremmo pensare che anche il più emotivo dei danni è potenzialmente reversibile. Certo, non è facile, occorrerà del tempo, ma se c'è stato un dolore, la guarigione potrebbe essere già in cammino, purchè venga affrontato, meglio se con l'aiuto ed il conforto di cui abbiamo bisogno. Le grandi e piccole cicatrici che ognuno di noi porta dentro di sè, arrecano a noi e agli altri sofferenze inutili, l'accettazione e il perdono cominciano da noi stessi. Amare se stessi non è autoindulgenza, amare il proprio io non vuol dire egoismo o vanità, ma è la base per comprendere e apprezzare gli altri. Nessuno si può sentire un egoista nel cercare il proprio benessere ma lo è quando trascura quello altrui. L'egoista è sempre in uno stato di necessità, in quell'interminabile lista di esigenze, pretese, attese che non lo porta a nessuna soddisfazione durevole, all'incapacità di amare e di amarsi. Amare qualcuno perchè soddisfa le nostre esigenze non significa affatto amore, significa trattare l'altro come un oggetto e gli esseri umani non sono giocattoli. Amare se stessi quindi non è peccato, perchè una serie di rancori e delusioni, una scarsa stima di sè, inaridiscono. Non dare a sè stessi la stessa quantità d'amore e di rispetto che ogni essere umano merita, così come noi dovremmo darlo e pretenderlo dagli altri è peccato. Il classico equivoco però è che l'amore porti alla felicità, certamente può risanare le ferite, darci motivazioni nuove, ma nessuno può trasformarci in un essere umano felice e contento di se stesso, questo deve avvenire in noi. L'amore è una grande forza risanatrice ma non può dipendere esclusivamente da un flusso esterno perchè sarebbe come voler riempire un pozzo senza fondo. Amare significa donarsi e non è possibile donare ciò che non si possiede. E' vero che al suo culmine l'amore è incondizionato, senza secondi fini, sia che siamo ricambiati o meno, questa è la vera esperienza d'amore, un amore di livello superiore che non è facile da coltivare. Irradiare amore senza riceverne in cambio, realisticamente solo un santo riesce a farlo tutta la vita e gli esseri umani non sono perfetti. Ognuno di noi ha le proprie cicatrici emotive e speranze, ognuno di noi ha bisogno di essere amato, ha diritto di essere amato. Per imparare ad amare gli altri quindi, bisogna per prima cosa imparare ad amare se stessi, rispettarsi, sapere quando dire si e quando dire no, significa scoprire ciò che è importante per noi, cosa ci fa stare bene, senza mentire a se stessi ancor prima che agli altri.    

martedì 24 maggio 2016

L'evoluzione

I criteri di valutazione per misurare la ricchezza di un popolo sono spesso contraddittori. Non credo che si possa definire ricca una società in cui coesistono la ricchezza più nauseante e la povertà più buia. Non si può definire ricco un paese le cui risorse naturali sarebbero più che sufficienti a dare dignità a tutto il suo popolo invece che privilegiare una minoranza e affamare gli altri. Non si può definire ricco un paese in cui alcuni possono permettersi di lasciare in uno stato di abbandono proprietà immobiliari evidentemente superflue, mentre c'è chi dorme per strada.Allo stesso modo non ci si può vantare di possedere splendidi monumenti, cattedrali imponenti ove viene esibito il lusso, in cui vanno a pregare molti cittadini privi dei beni di prima necessità, compreso un tetto sotto il quale ripararsi, così come non si può definire ricco un paese in cui la tecnologia viene considerata più delle risorse umane, tenute sempre di più ai margini. Ma la ricchezza spesso è effimera. Ci sono ricchezze il cui valore cambia col mutare degli ideali dell'epoca, con le necessità dei tempi. Ciò che ha valore adesso potrebbe in seguito non averne più, così come qualcosa privo di valore al momento, potrebbe successivamente assumere importanza. Darwin dimostrò come nel corso dell'evoluzione di ogni specie, qualora compaiano delle mutazioni di un gene, cioè della particella portatrice dei caratteri ereditari, in un gene di altro tipo, esse vengono spontaneamente conservate se utili o eliminate se dannose. Ogni specie ha infatti conservato e accumulato ciò che meglio si adatta alla sua sopravvivenza con il processo chiamato selezione naturale. E' la mutazione quindi che fornisce la materia prima per il cambiamento, e attraverso la selezione naturale permette di accumulare a mano a mano nella specie quei geni efficaci alla sua sopravvivenza e al suo proliferare. L'evoluzione biologica per questo motivo è lenta, perchè deve aspettare la giusta combinazione di quei caratteri, di quei geni più adatti, nel luogo giusto, al momento giusto. C'è però una grande differenza fra evoluzione biologica e evoluzione sociale. I cambiamenti nelle forme di vita sono causate da variazioni che se permettono alla creatura, quale essa sia, di adattarsi meglio al suo ambiente, possono diventare stabili nella specie, mentre nella società quasi tutto è un prodotto di comportamenti adottati o tradizionali che se vogliamo possiamo cambiare. Nel campo sociale si può imparare dall'esperienza di altri e cercare di limitare o evitare errori, possiamo apportare modifiche, correzioni e miglioramenti se vogliamo. Spesso però la gente resiste ai cambiamenti perchè molte persone stanno bene così come sono, un cambiamento lo sentono come una minaccia per il loro potere o la loro ricchezza, senza nemmeno considerare quale sarà il futuro della loro progenie che potrebbe non essere così roseo. Anche coloro il cui potere o ricchezza sono limitati, sono spesso restii al cambiamento, per paura di peggiorare ulteriormente la loro condizione, senza pensare che è proprio non facendo niente che potrebbero peggiorarla. Può anche darsi che vi sia chi vive contento in una società ingiusta o in una società immobile, gente che desidera aggrapparsi a ciò che conosce pur disprezzandolo, per paura dell'ignoto, ma pur prevedendo le conseguenze delle innovazioni devono avvenire dei cambiamenti. Una società che non si evolve non avrà futuro, una società immobile godrà solo di una libertà limitata. La vera trasformazione deve anzitutto avvenire a livello della coscienza, con le nostre azioni e pensieri perchè trasformando noi stessi trasformiamo spontaneamente la nostra società. La somma dei comportamenti sociali coscientemente adottati costituisce quindi la materia dell'evoluzione sociale. Ognuno di noi può contribuire a migliorare la società in cui vive, verso una possibile umanità che nessuno ha ancora realizzata.

mercoledì 23 marzo 2016

Buona Pasqua

La fede non si può comandare, nè si può costringere o ci si può costringere a servirla, la si può solamente vivere, come un cristiano che non può guadagnare, nè estorcere o trafugare la Grazia. Ma le pure religioni sembrano essere per un piccolo numero di eletti, mentre i più hanno bisogno dei miti, della magia. Coloro per i quali Dio non è un idolo, che non usano le preghiere come fossero una formula magica, ma le vivono con la volontà tesa al bene, potranno trarre forza anche dalle preghiere, che non sono necessariamente quelle imparate a memoria ma quelle che costringono ad esaminare il proprio cuore, a combattere la pigrizia, a dimenticare i propri piccoli interessi per quelli superiori e comuni. Dal torbido dell'umanità emergono sempre dei Salvatori, dei puri di spirito, d'animo, ma vengono sempre riconosciuti dalle moltitudini solo dopo essere stati crocifissi e divinizzati, allora sono perfino pronti a venerarli.

Il Salvatore

Sempre rinasce come uomo,
parla ai pii, parla ai sordi,
ci è vicino, e di nuovo lo perdiamo.
Si deve rialzare da solo, 
deve farsi carico dei bisogni e dei desideri dei fratelli,
di nuovo viene crocifisso.
Dio si annuncerà nuovamente,
il divino sfocerà nella valle dei peccati,
lo spirito eterno sfocerà nella carne.
Di nuovo, anche ai giorni nostri,
il Salvatore è in cammino per benedire,
per incontrare le nostre paure, le lacrime,
le suppliche, i lamenti con lo sguardo tranquillo
che non osiamo incontrare,
perchè solo i bambini lo possono sopportare.

Hermann Hesse

martedì 8 marzo 2016

Festa della donna

La nostra società è composta da uomini e donne però obbedisce a norme maschili, ne consegue che la donna deve formare il suo pensiero in base ad uno stampo imposto dall'uomo. Nei secoli, l'uomo fiero del suo trionfo dopo le guerre, sicuro della sua superiorità fisica, si giudicava infallibile, così ha organizzato un mondo basato sulla ragione spietata e la logica del denaro. La definizione stessa della femminilità è una definizione maschile, ma ciò che è peggio è che ancora oggi l'imperialismo maschile invade il pensiero stesso delle donne. Fortunatamente ci sono coloro che hanno preso coscienza di queste barriere psicologiche rifiutando una discriminazione basata sull'anatomia, la fisiologia o l'estetica. Quelli che dicono che la donna per sua natura non può essere nient' altro che una subordinata dell'uomo, un entità in ombra, una spalla dell'emminenza maschio o nella migliore delle ipotesi una sostituta temporanea, vorrei proprio vedere chi è che lo dice. Se osservo la mia sorella animale mi accorgo che essere femmina sembra non avere senso tra le bestie. La leonessa fa quello che fa il leone, la tigre attacca con lo stesso slancio del tigre, gatto o cane si comportano di base come il loro compagno maschio ed anche se ci possono essere delle differenziazioni, esse si basano sulle eccezioni. Nel mondo animale non è vero che tutto ciò che è attivo è maschile e quello passivo femminile. Sotto tutti i cieli le contadine fanno da sempre lavori pesanti, per non parlare delle africane, le operaie fanno lo stesso lavoro dei loro colleghi  maschi e così in molti altri settori ed è evidente la riuscita professionale di molte donne, anche se quelle che riescono nella vita sono spesso coloro  che sembrano, in base alle norme conservatrici, le meno femminili, e non parlo di aspetto esteriore. Le donne devono adattare la loro psiche alle norme culturali a senso unico, devono partecipare al pensiero materialistico, alle tecniche sviluppate secondo una linea di evoluzione maschile, però a casa le vogliono passive, immagine della bellezza, di grazia o secondo l'idea che l'uomo si fa della sua compagna. Una contradizione. La donna deve essere desiderabile, bella sempre in ogni occasione, dolce, l'eterno femmineo che non esiste. Nella donna così come nell'uomo coesistono i due sessi, in ognuno di noi c'è una parte maschile  e una femminile, il famoso yin yang, ma la donna è infinitamente più duttile perchè aperta a tutte le possibilità. Pur conoscendo la sua vera natura spesso la donna non osa allontanarsi dal modello femminile tracciato dall'uomo, condizionando lei stessa il suo modo di comportarsi, di vivere o peggio cerca di imitare l'uomo. Nella donna la vera forza è indipendente da qualsiasi cosa faccia o non faccia, si tratta piuttosto di un comportamento di essenza che si potrebbe realizzare comunque in ogni ambito. Con questo non voglio dire che le donne siano prive di difetti, lungi da me affermare che siano perfette, nessuno lo è, ma nel corso dei secoli c'è stata tanta aggressività nell'uomo nei confronti della donna, purtroppo ancora oggi specie in alcune parti del mondo meno civilizzate, e ciò porta a supporre che si tratti di un meccanismo di difesa dell'uomo nei loro confronti, che forse più della donna stessa ha capito la sua vera natura, le sue potenzialità , la forza. Per averle trattate da idiote, incapaci, per averle imprigionate in compiti penosi, limiti severi, trasformate in oggetto, in contenitori per la procreazione, quanta paura l'uomo deve aver avuto della donna.  Non sempre però le donne sono state o sono vittime per fortuna, però esistono anche quelle che si vorrebbero approfittare proprio del loro essere donna e come donna lo trovo svilente. Essere donna oggi non è comunque semplice, se mai lo sia stato, ed il mio augurio in questa giornata a loro dedicata va a tutte noi.
Auguri a tutte le donne.

mercoledì 27 gennaio 2016

Una nuova educazione

Più che in passato, la scuola oggi dovrebbe suscitare l'iniziativa, la responsabilità e un altro stile di relazione tra insegnante e allievo. Quello che senza dubbio esprime meglio lo stile di relazione nell'ambiente scolastico è il concetto di atteggiamento. Mantenere il ragazzo nella passività e nella dipendenza rischia di soffocare gli slanci spontanei e favorisce l'abitudine a chiudersi in se stessi. Per rinnovare il suo ruolo l'educatore dovrebbe mettere in gioco se stesso e mettersi in condizioni di aiutare veramente gli alunni. Il tipo di comunicazione a senso unico, gli atteggiamenti direttivi non sono il miglior modo di relazionarsi. Spesso infatti sono le tensioni emotive, legate a queste relazioni, che compromettono il clima di comprensione e il lavoro di cooperazione. E' un atteggiamento di disponibilità, un attenzione che non sia un'osservazione fredda ma piena di calore umano, sforzarsi di sentire la sfera privata e manifestare una comprensione verso l'allievo che lo predispone a non chiudersi in se stesso. L'insegnamento autoritario, onnipotente, è sempre stato inefficace ma questo non vuol dire che il ruolo dell'educatore o maestro abbia perso la sua importanza, è solo un ruolo diverso. In tutti i casi, l'educazione non consiste in una finta soppressione o nell'ignorare i problemi, ma permettere al ragazzo di affrontarli con fiducia proprio grazie ad un atteggiamento positivo dell'educatore. Gli alunni in classe sono un gruppo di lavoro specifico, composto da membri che devono essere considerati uguali tra loro e di un educatore anch'esso membro del gruppo ma con un ruolo diverso. Egli così non è un capo, è un membro del gruppo al servizio del gruppo stesso. Non si tratta più di dominare il gruppo o il singolo, ma di una cura costante per cercare le migliori condizioni del lavoro comune. E' certamente più facile fare una lezione di matematica o di geografia, cercare di inculcare una certa quantità di sapere, comunicare delle conoscenze, che rendere un ragazzo capace di acquisire queste conoscenze da se stesso, dedicarsi al gioco della scoperta. E' qui che l'educatore deve mettere in gioco tutte le sue abilità e le sue cognizioni, destare curiosità, rendere utilizzabili gli strumenti di lavoro ma più che altro stimolare gli alunni. Un'altra cosa che a mio modesto parere bisognerebbe rivedere, è la concezione di uguaglianza. Non è piazzando i ragazzi negli stessi locali con gli stessi maestri e uguali programmi che si crea l'uguaglianza, questa è solo un uguaglianza formale. Tra i ragazzi ci sono differenti attitudini che richiedono differenti metodi di insegnamento, ed anche se non è possibile averlo su misura per ciascuno, sarebbe necessario oltre ad un istruzione di base comune a tutti, conoscenze comuni che deve avere ogni cittadino, affiancare già nella cosiddetta scuola dell'obbligo,  specializzazioni che permettessero alle attitudini eccezionali di potersi sviluppare. Una volta garantita e realizzata l'uguaglianza dei ragazzi di fronte all'accesso alla cultura, bisognerebbe creare un fondo speciale d'investimento che dia fiducia al rendimento delle risorse dell' intelligenza, che permetta di formare e mantenere nel paese quelle menti superiori scelte soltanto per il loro merito. Un sistema educativo che rischia di lasciare non utilizzate in occupazioni minori o di far espatriare menti di qualità eccelse, è un sistema che compromette le possibilità della nazione. La vera uguaglianza quindi non è soltanto dare ad ognuno le stesse possibilità ma riuscire a far si che ognuno possa esprimere al meglio le proprie attitudini, in pratica mettere i pesci nell'acqua e gli uccelli nell'aria.

lunedì 4 gennaio 2016

Buoni propositi

Il 2016 è appena iniziato, molti di noi si saranno scambiati i consueti auguri pieni di buoni propositi per il nuovo anno, avranno espresso desideri o si saranno posti delle mete da raggiungere. Al di là di tutto, ciò che accomuna ognuno di noi è la ricerca di benessere, inteso come benessere del corpo e quindi salute, ma ancor prima quello della mente, dell'anima, e allontanare ogni dolore. Il piacere e il dolore però non sono conoscenze che si possono tramandare o tentare di spiegare perchè sono delle esperienze soggettive, ognuno di noi le percepisce a seconda della propria sensibilità, ciò che per qualcuno è insopportabile o piacevole per qualcun'altro non lo è, così come vi sono piaceri e dispiaceri di ordine fisico e di ordine morale. Spesso c'è anche poca differenza tra un inquietudine di ordine morale o metafisica che dir si voglia e quella del corpo. Un pugno ricevuto durante un incontro di boxe potrà essere meno doloroso di quello ricevuto, metaforicamente parlando, nel corso di una lite. Il secondo ha un significato diverso dal primo e non è detto che faccia meno male, così è per il piacere. Spesso un piacere sollecitato da un complimento sincero o meglio ancora, sentirsi gratificati, compresi, approvati, può darci una sensazione di benessere e quindi di piacere, sicuramente più duratura del solo benessere del corpo ed a volte anche più intensa. Il piacere fisico appartiene ad una sensazione che sfugge mentre tutto ciò che sollecita piacevolmente la psiche appartiene in qualche modo alla continuità. La vera gioia, il vero piacere, non può essere un susseguirsi di istanti separati, una collezione di piaceri senza alcuna continuità. Porsi uno scopo, riuscire a far bene, ci permette di assaporare il piacere per tutto il tempo in cui ci dedichiamo al suo compimento, alla riuscita della nostra opera. Il piacere, la gioia, suppongono quindi il tempo di un azione in cui noi possediamo il tempo e non ne siamo posseduti, come invece avviene per la noia. Il piacere è sicuramente un bisogno, non si può certo dire che sia semplicemente assenza di dolore perchè la cessazione del dolore è certamente un sollievo ma non è il coronamento del piacere, così come togliere un bisogno non è la stessa cosa che soddisfarlo. Sentirci sollevati, sentirci liberati da qualcosa che ci opprime si confonde spesso con la cessazione del dolore, ma non è piacere, così come privarsi di un piacere, privarsi di ogni soddisfazione, non è il miglior modo per dimenticarselo, anzi spesso è il contrario. Non si può nemmeno aspettarsi di guarire il male fatto per sentirsi meglio con la propria coscienza infliggendosi un dolore, la teoria dell'espiazione capace di riscattare un errore commesso è molto discutibile, nè può aiutare coloro che lo hanno subito. Ciò che può sanare le ferite, darci sollievo, è lottare veramente contro il male e dare spazio alle cose buone.


" Now there's a certain thing that I learned 
   C'è una certa cosa che ho imparato
one must always flush out his house             
che uno deve sempre tenere la propria casa spazzata
if he don't expect to be housing flushes
se non ha in programma di tenersi la spazzatura."

                               Bob Dylan