venerdì 5 giugno 2015

Percepire è meglio

L'istinto si presenta per prima cosa come un impulso, una tendenza, cioè come quella forza orientata verso degli scopi ben precisi e in quel senso l'essere umano possiede "istinti" come l'animale. Nel mondo animale però la tendenza viene soddisfatta, generalmente, per mezzo di "atti istintivi" che sembrano implicare un'abilità innata, nel senso che non richiede nessun apprendimento. Nell'essere umano invece, l'abilità e la tendenza restano separate, tra esse si pone il tempo dell'apprendimento o dell'intelligenza che deve inventare delle tecniche per soddisfare la tendenza. Per sua natura, nell'essere umano non esiste un'abilità spontanea, ogni generazione, per suo conto, impara di nuovo a parlare la lingua natia, a camminare, a scrivere, i vari mestieri ecc...tentando di assimilare quello che i predecessori hanno scoperto o inventato nel corso dei secoli. Nell'istinto, l'animale è provvisto naturalmente di strutture appartenenti all'organismo che li utilizza, per cui è provveduto per tutte le sue funzioni istintive. L'essere umano non è provvisto naturalmente di tali strutture, ma in più ha l'intelligenza, così da potergli permettere di inventare e costruire da se stesso gli arnesi di cui necessita, unendo l'aspetto dell'intelligenza a quello istintivo. Nell'essere umano si può quindi parlare di istinti ma non di veri e propri atti istintivi.
L'abitudine, si contrappone all'istinto in quanto è un modo di sentire e agire acquistato e relativamente stabile, finalizzato e involontario. L'azione abituale, una volta scattata, si compie da sola, così come fa un ciclista che non è più cosciente degli innumerevoli movimenti che compie per restare in equilibrio sulla bicicletta. L'abitudine è quindi l'acquisizione di una struttura di insieme ove ogni movimento ha un senso, se non esistesse non saremmo in grado di compiere gesti semplici, come camminare, o impiegheremo del tempo a compierli. In questo senso l'abitudine agevola la nostra esistenza, liberando la coscienza e la volontà per nuovi compiti più importanti, per un nuovo slancio. Nel'abitudine il corpo non è più un nemico dell'anima in cui il corpo resiste, ma cessa di essere un ostacolo, diventa interprete, come quando una ballerina non sente più il suo corpo come un oggetto estraneo che le fa da intralcio, ma è essa stessa il corpo. In questo senso l'abitudine non è più inerzia o meccanismo ma uno stato di grazia. L'abitudine è però ambigua perchè un essere umano condannato alla ripetizione diviene una macchina e può solo fare quello che ha imparato a fare senza inventiva. L'abitudine può meccanizzare i nostri atti e talvolta affievolire i sentimenti, impedendo l'arricchimento della nostra vita. Così l'artista che non si rivolge all'automatismo preconfezionato dell'accadeismo, cerca una maniera di esorcizzare l'abitudine, ritrovando nell'arte il significato ingenuo e originale del mondo. Di sicuro la tecnica aiuta, però non bisogna trascurare l'immaginazione o meglio ancora la percezione, perchè immaginare è sempre percepire, ma male, percepire è anche immaginare, ma meglio.
Così ci sono abitudini essenziali che ci aiutano a vivere meglio la quotidianità, mentre ce ne sono altre che possono impedirci di evolvere o addirittura alcune deleterie, come abituarsi al male, all'ingiustizia, alla disumanità. Ripetere sempre le stesse azioni, porta quindi a una specie di assopimento dello spirito, che inaridirà il poeta e pietrificherà nel convenzionale le scoperte rivoluzionarie.

" Un'anima morta è un'anima completamente abituata "    Péguy

Nessun commento:

Posta un commento