mercoledì 23 dicembre 2015

Buon Natale




Ancora una volta eccoci al Natale. Un'altro anno difficile non meno di altri sta per concludersi tuttavia, non dobbiamo mai perdere la speranza, senza dimenticare che non basta sperare ma che molto dipende da ciò che ognuno di noi riuscirà a mettere in pratica, opere reali, utili e concrete.
Don Andrea Gallo ripeteva spesso: " In caso di naufragio ho sempre lanciato un salvagente senza chiedermi chi fosse a chiedere aiuto ". Il vero senso della carità in fondo è questo, ma non deve esserlo solo per Natale. Chi ci chiede aiuto si può trovare in mare ma potrebbe trovarsi in qualsiasi luogo, magari più vicino di quello che pensate, basta volerlo vedere.
A tutti Buon Natale   



martedì 15 dicembre 2015

Giustificazioni

Quante volte cercate delle giustificazioni per rimandare impegni, per evitare problemi che qualcuno però deve affrontare al posto vostro. Spesso si cercano giustificazioni anche per evitare le persone, persino i propri cari, con la scusa del tempo che manca. Magari per voi non è così, non sono pretesti, ma ci sono persone che lo fanno abitualmente, con la scusa del lavoro, troppi impegni, ed alla fine non c'è mai tempo per niente, ma il tempo c'è sempre o meglio lo si trova per ciò che davvero ci interessa, è solo una questione di priorità. Il nostro ti richiamo dopo o uno di questi giorni lo faccio e poi quei giorni o quel dopo non arrivano mai, sono quindi solo scuse, perchè se quella telefonata o quella cosa che dovremmo fare vogliamo farla davvero il tempo lo si trova. In molti casi, anche chiedere scusa o dire hai ragione, sono spesso solo parole di giustificazione ad una mancanza alle quali devono seguire comportamenti che attestano la buona fede. Per come la penso io, c'è una sola maniera per chiedere davvero scusa ed è quello di cercare di rimediare all'errore, così come c'è un solo modo per dire hai ragione, non commetterlo più.    

giovedì 3 dicembre 2015

Tradizioni

Da bambina aspettavo con trepidazione il Natale, un pò come la maggior parte dei bambini di allora e di oggi. Le strade della mia città si riempivano di luci, le vetrine scintillavano di lustrini, palle colorate, nastri, fiocchi, ed in ogni luogo riecheggiavano canti di natale. Le porte d'ingresso delle case venivano ornate con ghirlande e vischio portafortuna, dappertutto si allestiva l'abete ed il presepe. Molta gente portava in casa la cosidetta "stella di Natale" dai petali simili a vivaci foglie rosse, divenuta un simbolo della tradizione come lo sono l'albero di natale ed il presepe insieme a molti altri. Certo, il Natale non è solo questo, non è solo una tradizione. Il Natale è prima di tutto una ricorrenza religiosa, un giorno importante per i credenti che festeggiano la nascita di nostro Signore Gesù, ma è anche importante continuare a mantenere le nostre tradizioni, le nostre usanze, ognuno secondo le proprie credenze. Che il nostro Babbo Natale si chiami così o Santa Claus oppure Saint Nicholas o Perè Noel, qualunque sia l'abito che lo rappresenta nei vari paesi del mondo, tutti sono Babbo Natale, l'importante è rispettare e conservare le proprie tradizioni. Così, allestire l'albero, il presepe, coltivare la stella di natale, ornare le strade di luci colorate, scambiarsi gli auguri, intonare canti natalizi e festeggiare la nascita di nostro Signore Gesù, se lo vogliamo, non può offendere nessuno. Esistono diverse forme di culto, molte persone pregano nelle chiese, nei santuari, templi, nella sinagoga o nella moschea, persino su tappeti appositi, così come esistono diverse tradizioni, usanze e costumi, e nessuno può impedire a qualcun'altro di continuare a coltivare le proprie a casa propria, nel proprio paese. Trovo assurdo persino che questo possa essere messo in discussione, che qualcuno possa tentare di associarlo ad una forma offensiva nei confronti di coloro che hanno credenze diverse dalle nostre. Rispettare gli altri non vuol dire privarsi delle nostre usanze, delle tradizioni o nascondere la nostra fede religiosa, a maggior ragione quando ciò avviene nei confini di casa propria, del proprio paese e nazione e non può nuocere a chicchessia.
Quindi, se c'è qualcuno che si sente offeso dai nostri usi e costumi, dalle nostre tradizioni o dalla nostra fede religiosa manifestata anche da simboli ad essa inerenti,come succede per ogni religione,è egli stesso in errore, sono ben altre le cose che possono offendere.
Anche adesso che sono adulta, ogni volta che arriva il Natale addobbo l'albero, allestisco le luci e magari il presepe, come facevo da bambina, e come allora mi rallegro dell'atmosfera Natalizia che si crea proprio attraverso certi simboli e tradizioni alle quali nessuno deve rinunciare perchè fanno parte di noi, della nostra identità, senza di essi non sarebbe nemmeno Natale.

giovedì 26 novembre 2015

L'epoca della paura

Sin dai primordi l'essere umano ha sempre temuto pericoli reali o immaginari, specialmente derivanti dalla venuta di un altro essere umano e particolarmente dalla presenza di un essere umano di colore diverso dal proprio, da un diverso modo di pensare, di religione diversa, paese o ideoligia sociale non uguale alla propria. L'esistenza di per sè rappresenta una serie di rischi costanti ma non tutti sono reali, alcuni sono apparenti, altri nascosti e altri del tutto inesistenti. Nonostante vi siano dei rischi, la vita però seguita a progredire, sviluppando al tempo stesso dei mezzi per proteggersi dai pericoli. La minaccia quando esiste realmente, deve essere controllata ma con buon senso ed equilibrio. Il vago concetto che il nostro destino possa essere controllato dagli umori di uomini potenti, non fa che accrescere il senso di panico e le paure. Il paradosso è che nonostante tutti i progressi tecnici e scientifici, che avrebbero potuto portare benefici all'intera umanità, gli uomini si pongono gli uni contro gli altri, le nazioni contro le nazioni, indebolendosi nell'odio e sprecando i benefici del progresso. La scusa della diversità religiosa o di stile di vita o di una qualsiasi diversità, per giustificare il crescente bisogno di mezzi sempre più potenti di distruzione per proteggere il nostro senso di sicurezza, non sono sostenibili, sono solo giustificazioni create da poche persone per confondere l'opinione della maggior parte della gente, tendono invece esclusivamente al mantenimento dell'esercizio del potere, alla speculazione. Il pericolo maggiore dei nostri tempi è quello derivante dagli odi che prosperano nell'ignoranza e dai pregiudizi ereditati dai predecessori che possono convertire il progresso in distruzione. L'essere umano si fortifica con la conoscenza, la collaborazione, e più di ogni altra cosa, la verità, perchè in essa si disperdono le superstizioni e le paure lasciando dietro di sè un terreno fertile in cui c'è spazio per coltivare la speranza.

giovedì 12 novembre 2015

Ho smesso

Ho smesso di credere nella bontà delle persone anche se per fortuna ancora qualcuno esiste, se pur raro,  che fa qualcosa per gli altri senza secondi fini. Trovarlo però, è come cercare il famoso ago nel pagliaio, così diffficile e raro poterlo trovare che il più delle volte, quando credi di esserci riuscita, ti accorgi che è come tutti gli altri.
Ho smesso di aver fiducia nella specie umana, la peggior specie esistente sulla terra. Più parassita dei parassiti, più feroce di qualsiasi belva, succhiatrice di linfa, avida, egoista, manipolatrice e per questo, se non si ravvede in tempo, destinata all'autodistruzione. Quei pochi ancora degni di essere chiamati esseri umani, le persone brave e oneste, spesso restano al palo, e non è più sopportabile, se mai lo sia stato, vedere che siano i furbi, gli scaltri e i disonesti ad avere sempre vita facile. Troppi spiriti liberi vengono lasciati soli contro il conformismo e coloro che si sono sottomessi a una disciplina dispotica finiscono per sentire orrore per chiunque pensi e agisca liberamente.
Non abbiate paura di andare controcorrente se ritenete sia giusto farlo, non seguite il flusso solo per pigrizia mentale, allo stesso modo, esprimete con sincerità quello che realmente pensate senza timore che quello che dite possa procurare antipatie o simpatie nei vostri confronti.
Non ho smesso di credere che sia giusto così, non ho smesso e mai lo farò di credere che sia questa la libertà e per quello posso affermare di esserlo. Essere se stessi, essere ciò che realmente siamo con onesta e rispetto verso il prossimo è libertà, contrariamente a ciò che la maggior parte pensa che sia, cioè fare tutto ciò che si vuole.
Ho smesso però di credere che al momento vi siano persone che possano apprezzare questa maniera di essere e di porsi, sicuramente più difficile rispetto al più comune atteggiamento di compiacenza, spesso solo apparente. Anche se può sembrare una contraddizione, non ho però smesso di sperare che prima o poi ci sia qualcuno che riesca a sorprendermi.

lunedì 2 novembre 2015

Commemorazione dei defunti

Oggi,giorno della commemorazione dei defunti, molti si recheranno al cimitero a far visita ai propri cari, come ho fatto anch'io nonostante non sia una grande frequentatrice di quel luogo sacro. Non sono come quelli che si recano spesso ad omaggiare i propri defunti con la loro presenza, sempre attenti che i fiori con i quali adornano le tombe abbiano la giusta quantità d'acqua e non vi siano fiori appassiti, come se loro, i defunti, potessero vederli. Certo, ognuno ha il proprio modo di vivere il dolore e di sentirsi confortati nel poter ritrovare il proprio caro in qualche modo, anche in una fredda lapide.
Ciò che in particolar modo mi indegna dei cimiteri, è come anche da morti venga sottolineata la differenza di classe sociale, messa in evidenza dalla pomposità di alcune tombe, dalle cappelle private a confronto dell'essenzialità di altri loculi. Come se tutto ciò potesse testimoniare la validità o meno del corpo o ciò che ne rimane, che lo ospita. Comunque ciò disturba o inorgoglisce, a seconda dei casi, i vivi, un morto se ne frega se è seppellito in una cappella privata o nella nuda terra. Un morto è un morto, sono i parenti che ci tengono a far bella figura. Sarebbe bello però vedere che almeno da morti saremo considerati tutti uguali.
Un'altra cosa che proprio non sopporto è l'abitudine, se di quello si tratta, di alcune persone di parlare di un defunto, sempre e comunque come di una brava persona, magari un santo, anche se da vivo lo consideravano diversamente. Se qualcuno in vita è stato una brava persona, sarà di sicuro ricordato come tale, ma se non lo era, non è che la morte possa trasformarlo in qualcun'altro. La morte non conferisce per diritto la santità. E' vero che è peccato parlar male dei morti, anche dei vivi se è per quello, ma è peccato anche dire falsità. Per come la penso io, delle persone dobbiamo occuparcene quando sono ancora in vita, quando hanno bisogno di noi, quando possiamo godere della loro presenza e loro della nostra. Coloro che ho amato e ancora amo e non ci sono più, le tengo nel mio cuore e rivivono nei miei ricordi, rivivono ogni volta che ne parlo con qualcuno, così riesco a ritrovarle ogni volta che sento la mancanza della loro presenza fisica. Per questi motivi non ha molto senso per me cercarle in una tomba, ma rispetto coloro che ne trovano conforto.

mercoledì 14 ottobre 2015

Intuizione

L'intuizione è la facoltà di vedere chiaro nell'ignoto, di poter scrutare l'impercettibile, di saper discernere quello che è confuso, ma non è niente di sovrannaturale, è un ispirazione o un lampo, quella famosa lampadina che si accende all'improvviso nella mente. Questa facoltà individuale che pochi veramente posseggono, entra in gioco laddove faccia difetto il sapere ordinario, ove il ragionamento si riveli inoperante. Indipendente da ogni ragionamento, essa si manifesta nella nostra mente come una conoscenza che si svela a noi spontanea, immediata, inattesa e spesso inesprimibile. Un presentimento discreto, come una piccola luce che si fa strada tra la nebbia, a volte leggermente confuso, talora come una visione chiara o come una folgorazione improvvisa. L'intuizione la si trova nelle arti, nella letteratura, è alla base delle scoperte scientifiche, delle scienze fisiche, in chimica, in biologia ed in tutte le attività umane ogni volta che nasce un invenzione, una scoperta originale, una creazione artistica. Permette di percepire l'invisibile, il lontano nello spazio e nel tempo, quello che non esiste ancora. Essa sfugge al controllo della volontà, si posa dove vuole, quando vuole, senza lasciarsi mettere in gabbia, non si cerca, ma viene da sola ed ha bisogno di essere decifrata per capirla. Nella nostra esistenza quotidiana è senza dubbio vero che l'intuizione sia più avvertita a livello di relazioni individuali. Gli intuitivi sentono immediatamente se sono in simpatia, se ci sono delle affinità con questa o quella persona, così come si presenta talora l'attrazione amorosa, il famoso colpo di fulmine. Le medesime intuizioni che si trovano nella nascita di sentimenti umani come l'amore o l'amicizia, sono spesso necessari per indirizzare il comportamento nei casi incerti della vita, anche se in molti casi, all'intuizione propriamente detta si aggiungono elementi deduttivi inconsci.
In questa epoca così tendente al materialismo, l'intuizione può essere considerata, per i suoi improvvisi e sorprendenti barlumi, come uno stimolo alla ricerca della realtà. 

lunedì 21 settembre 2015

Signori si nasce

Il rango di ciascun individuo è ciò che risulta dal modo in cui gli altri valutano il suo ruolo, le sue funzioni e dal modo in cui le svolge. Una volta, il rango non dipendeva dalle capacità ma dalla nascita, così un figlio di un grande proprietario terriero aveva un rango elevato, mentre il figlio di un servo un rango basso. Raramente il primo poteva scendere nella scala sociale o il secondo poteva elevarsi molto. Oggi tale situazione è fortunatamente cambiata, tuttavia la diversità sta nel fatto che genitori ricchi possono dare qualcosa in più ai loro figli di una buona educazione. L'apprendimento sul posto di lingue straniere, corsi e specializzazioni private, ma più che altro conoscenze utili ed il fatto di poter frequentare gente di un "certo livello", membri della classe dirigente, ed in tal maniera è più facile tendere a occupare funzioni di rango più elevato.E' ovvio quindi che la capacità personale non è l'unico fattore che determina il rango, la ricchezza o la mancanza di essa è forse altrettanto importante. Come dice ironicamente il premio nobel per l'economia, bisogna saper scegliere bene i genitori da cui nascere, da questo più di ogni altra cosa, dipenderà il nostro futuro.
Il rango di una persona è collegato con quello che si può chiamare " classe " o ceto sociale. In gran parte del mondo, il possesso di grandi ricchezze è la garanzia più sicura per introdursi nella classe elevata, provenire quindi da una "buona famiglia" continua a essere un vantaggio notevole.
Comunque la vogliate pensare, il rango e la classe non fanno automaticamente di un individuo una persona più capace e nemmeno ne fanno un gentiluomo o gentildonna, insomma non fanno quello che potremmo definire un "signore". La signorilità non è appannaggio della ricchezza, delle condizioni di ceto sociale, così come l'eleganza e la raffinatezza dei modi è solo l'esteriorità che non può compensare la nobiltà d'animo e lo spirito di correttezza nei confronti degli altri. Come diceva il grande Antonio de Curtis in arte Totò : signori si nasce non si diventa.

mercoledì 9 settembre 2015

Potere

Qualunque tipo di società, dalle tribù ai gruppi, dalle chiese allo Stato, dalla società più democratica a quella più autoritaria, hanno tutti avuto una guida, uno o più uomini che per le loro funzioni o il loro ruolo sono dotati di autorità e quindi detengono il potere. Il potere rappresenta dunque lo strumento del comando e conferisce l'autorità, una forza che richiede considerazione, rispetto e fiducia. L'autorità come il potere, è sostenuta dai valori morali e si dovrebbe fondare sulle competenze e sulle responsabilità. Alcuni la esercitano grazie al loro prestigio, altri per le autorità delle leggi vigenti, ma per molti anni veniva data essenzialmente in base al possesso di capitali, che vi fossero o meno reali capacità e conoscenze. Dalla reazione a questo tipo di autorità ha avuto origine il concetto di lotta di classe. Anche se dal marxismo ad oggi sono cambiate molte cose, sono ancora i soldi che contano e nella maggior parte dei casi detengono il potere a prescindere dalle capacità. Spesso esiste un potere senza autorità tecnica, compensando la mancanza di preparazione accrescendo il potere dal controllo delle persone, nella maggior parte dei casi bisognose e quindi più facilmente manovrabili, ma quello non è potere, è dominio, abuso, incapacità. Chiunque eserciti una qualche forma di autorità, dovrebbe innanzitutto dimostrare ai membri della comunità quale essa sia, dalla più piccola alla più grande, di essere in grado di stabilire ciò che si deve fare, chi lo deve fare, di controllare ciò che è stato fatto e possibilmente di creare mezzi per fare meglio, dimostrarlo non solo con l'informazione e l'educazione, ma con misure concrete che possano portare ad un reale miglioramento per tutti. Coloro che detengono l'autorità, dovrebbero anche dirigere i loro sforzi ad esaltare ciascun individuo in maniera che abbia la possibilità di partecipare direttamente e di poter condurre l'azione con libertà. Non si tratta di imporre e nemmeno di ordinare in maniera secca, ma di stimolare e di stabilire una motivazione perchè ciascun individuo non si senta soltanto un anello della catena ma parte di un progetto comune.
Non condivido il detto "il potere logora chi non ce l'ha". Logora sapere che il potere sia rappresentato da gente che principalmente si preoccupa dei propri interessi e poi forse, se avanza un pò di tempo e se non contrasta con il loro scopo, si preoccupa del bene comune. Logora sapere che ancora oggi sia il denaro, non importa in che maniera sia stato fatto, a conferire autorità. Logorano gli abusi di autorità, logora il potere utilizzato come fonte di dominio, ma principalmente logora sapere che coloro che detengono il potere, anche se indirettamente, possano decidere sulla vita e sulla morte di milioni di persone.

" Si può comprare il tempo di un uomo,
la sua presenza fisica in un determinato luogo,
ma non si può comprare l'entusiasmo,
l'iniziativa e la lealtà.
La devozione dei cuori, delle menti,
degli animi non si può comprare,
la si deve guadagnare".

                               Henry Ford

martedì 1 settembre 2015

Moda e costume

La moda è sempre stata un tratto distintivo, una specie di uniforme sociale, segni che una certa élite inventa per distinguersi dalla massa. Quando la massa a sua volta si impadronisce di questi tratti distintivi, bisogna inventarne di nuovi, ecco perchè la moda cambia ad un ritmo sempre più frenetico. Quindi se la moda è spettacolo, gli attori che la rappresentano sono cambiati. Una volta era interpretata da un numero ristretto di privilegiati, oggi gli interpreti sono divenuti numerosissimi perchè in linea di massima, la moda è accessibile a tutti, senza per forza rivolgersi ai grandi nomi dell'alta moda. Nuovi tessuti e materiali rendono possibile una grande varietà di scelta, con una gamma di prezzi che varia, il più delle volte, a seconda della qualità, certamente molto inferiore man mano che si scende di prezzo, se pur non del tutto giustificata. Un tempo si riuscivano a trovare anche capi di moda, non di marchi famosi, fatti con tessuti resistenti, ben confezionati e di ottima qualità, un capo d'abbigliamento, se volevamo, si poteva conservare per anni. Adesso, a meno che non ce lo facciamo cucire da una brava sarta, sempre che ne esistano ancora, con buoni tessuti, o ci rivolgiamo, portafoglio permettendo, ai grandi nomi dell'alta moda, non possiamo avere certezze di qualità. Tale situazione è originata dalla civiltà consumistica in cui viviamo, così la moda è divenuta popolare e effimera, l'abito è ormai un oggetto di consumo, la durata quindi non ha molta importanza. Produrre di più e confezionare capi alla portata di tutti, è andata a scapito della qualità, con una sempre più vasta produzione in serie, mentre i grandi marchi impongono prezzi stratosferici non del tutto giustificati. Al giorno d'oggi ognuno può vestirsi come vuole, senza che nessuno trovi niente da obiettare, è il grande miscuglio delle classi e tutti dovrebbero essere soddisfatti, ma per ogni pregio esistono motivi per trovare dei difetti.
A forza di voler essere in uno stato permanente di novità, la moda cambia di continuo, diviene inafferrabile, e per chi vuole seguirla diviene un peso, perchè dover essere sempre al suo passo, diviene una schiavitù. Ma tutti noi siamo liberi di scegliere e se vogliamo di sottrarci ai suoi dettaggi, perchè la società dei consumi non ha i poteri che gli si conferiscono se non siamo noi a fornirglieli. Inoltre, la moda che vorrebbe sopprimere le differenze sociali essendo ormai alla portata di tutti, in realtà crea le differenze e antagonismi di tipo nuovo e diverso. I giovani contro i meno giovani, le donne magre contro quelle più formose. I mezzi di comunicazione presentano modelli indossati da ragazze che sfiorano l'anoressia, facendo credere che quella sia la perfezione, il modello al quale ogni ragazza deve aspirare, gli stessi modelli che dettano legge nelle boutique in cui si ha voglia di andare. Così trovare un abito con una taglia superiore alla 46 è quasi impossibile se non ci si rivolge  a quei negozi specializzati in taglie forti, anche questo crea le differenze ed è discriminazione. La moda cosiddetta liberale, crea in questo modo le differenze, fatta per i giovani e per i magri, impone la loro dittatura. E' la nostra civiltà che fa della bellezza e della gioventù il modello da imitare. I vecchi di un tempo oggi sono relegati in magazzino, così ai 40-50 enni di oggi a nessuno verrebbe in mente di considerarli vecchi o di rimproverarli perchè si vestono da giovani, ma solo perchè il loro aspetto è giovanile non vuol dire che i ragazzi oggi non debbano avere il rispetto che una volta si teneva nei confronti dei meno giovani.  Ma la moda inviterebbe anche a non accontentarsi di sembrare giovani, ma di restarci eternamente, anche a prezzo di continui sforzi e sacrifici per afferrare ed eternare l'attimo fuggente. Dare la priorità in tutti i modi possibili a ciò che si vorrebbe sembrare rispetto a ciò che si è, sono tentativi che dimostrano il potere e al tempo stesso la fragilità della moda. La verità è che la moda è immagine per eccellenza ed è diventata così importante proprio perchè si vive in un epoca dominata dall'immagine, in un mondo di apparenze. Il vero ruolo della moda però non è quello, il suo ruolo è distinguersi, essere folli, non limitarsi a subirla passivamente, senza dimenticarsi che ciò che oggi appare il colmo dell'audacia, tra qualche anno o anche meno, sembrerà antiquato, il destino della moda infatti sarà sempre quello di superare se stessa proprio per rimanere di moda. Quindi, c'è chi la moda preferisce subirla tentando di rincorrerla continuamente, e chi invece la moda la crea.

sabato 29 agosto 2015

L'altro

Il conosci "te stesso" socratico avrebbe potuto dare origine soltanto a dei soliloqui se non avesse implicato la necessità della conoscenza dell'altro. L'altro è inteso come ogni essere umano al di fuori di sè stessi, e ciò che serve per la conoscenza di se stessi vale anche per quello che riguarda la conoscenza dell'altro. L'individuo conosciuto solo in quanto elemento di un gruppo o di un insieme di persone, non è vera e propria conoscenza, così come la conoscenza di un individuo non si può ridurre alla conoscenza di un insieme di ruoli o come punto d'incontro di differenti rapporti sociali. Dell'essere umano che per semplicità chiamo altro, ne possiamo conoscere il volto, l'aspetto fisico o magari il nome, ma questo non è sufficiente per poter dire di conoscerlo. Certamente nella vita pratica è necessario identificare le persone, sono esigenze che nessuna società può trascurare, ma questa tendenza non può classificare nessuno. I nomi sono come le maschere, rendono l'altro un anonimo portatore di simboli, ma al tempo stesso sono importanti perchè servono a indicare ciò che più conta per la società. Così anche il corpo è solo un semplice involucro, ciò che è visibile dell'altro, ma non è l'altro, come ognuno di noi non è solo il proprio aspetto. A seconda delle diverse concezioni, la personalità, lo spirito, l'aspetto psicologico, il carattere, che svolgono un importante elemento di individuazione, sembrano non avere molta importanza e ciò equivale a interpretare male o superficialmente o rendere impossibile la conoscenza dell'altro, tanto da non poterne cogliere la più profonda essenza. Non è riuscendo a sollevare i veli per scoprire il volto che potremo conoscere meglio un nostro simile. Per quello che mi riguarda, penso che la conoscenza di un altro essere umano, avvenga quando si riesce ad individuare ciò che la persona in questione possiede di caratteristico, di diverso o se vogliamo unico, a scoprire gli impulsi del suo carattere al di là del ruolo sociale che interpreta. Trascurare tutto ciò che è unico, individuale, singolare, caratteristico, e convogliare l'esistenza in un insieme omogeneo in cui ogni elemento rappresenta la riproduzione di un archetipo, induce a mascherare l'individuo per sostituirlo con i simboli dei ruoli sociali, arrivando persino a vedere ciò che dovrebbe essere e non ciò che realmente è.
Forse non interessa a nessuno riuscire veramente a conoscere gli altri oltre la superficie, ma non dimenticate che per gli altri, l'altro siete voi. 

venerdì 28 agosto 2015

Convinzioni

Riuscire a dare un giudizio obiettivo su sè stessi è difficile, le persone non sono quasi mai in grado di giudicare correttamente sè stessi. Le persone di grandi capacità spesso si stimano troppo poco mentre gli incompetenti si sovrastimano. Troppa autostima ha come conseguenza un eccessiva fiducia di sè che spesso sconfina in una forma di aggressività. Gli incompetenti sono di solito i più sicuri di sè, quelli che non sanno sono i più certi della loro conoscenza, ed anche se messi di fronte alla illogicità delle loro affermazioni tendono a difendere la loro posizione senza considerare possibilità di loro errori. Una persona veramente competente ed esperta invece, tende di solito a giudicarsi molto più severamente rispetto ad un incapace. Difficilmente soddisfatta di sè, pensa sempre di poter far meglio e non si sente speciale rispetto ad altri, percependosi meno brava di quello che è in realtà. E' dimostrato come sia complicato avere un autogiudizio obiettivo, siamo sicuramente migliori a giudicare il comportamento degli altri rispetto al nostro, e questo vale per ogni persona, nessuno escluso. In linea di massima, sono le difficoltà a riconoscere le proprie incompetenze che porta a un giudizio esagerato di sè. I mediocri non si spaventano per un giudizio negativo, attribuendo ad altri quello che invece è una loro mancanza, un loro limite, a differenza dei saggi, di coloro che sono più competenti, che la prima cosa che fanno è cercare in sè stessi e chiedersi cosa hanno sbagliato, così da potersi migliorare. In conclusione, quelli che sanno di meno, convinti di saper far tutto, sono sicuri di sè, quelli che invece sono più sapienti sono convinti di avere sempre molto da imparare e non si sentono superiori a nessuno anzi, spesso pensano che gli altri siano più bravi di loro.

martedì 18 agosto 2015

Paura

La paura è una reazione ad una precisa minaccia al nostro benessere, una reazione ad una situazione reale, ed è come un sistema d'allarme complicato, ma se ben compreso può diventare una forza perchè ci permette di reagire ad essa. La mancata reazione alla paura è quindi un handicap, così come arrendersi ad essa, subirla, perchè sarebbe come lasciarsi andare alla deriva. Dentro di noi esiste la capacità di reagire, impedendo che la paura possa interferire sulle nostre condizioni fisiche e mentali, sulle nostre scelte, perchè se non si reagisce, può diventare perfino una forma di speculazione. La paura dovrebbe essere affrontata non appena si presenta perchè essa si sviluppa nella mente di chi non vuole ammetterla. Parlarne quindi ha l'effetto di diminuire le nostre paure, senza però cercare di trovare conforto in quelle altrui. Non può consolarci sapere che le paure di qualcuno sono simili alle nostre. Il fatto di parlarne con qualcuno che possa capire, ci può far sentire meglio e magari ci aiuta ad affrontarle, ma non bisogna confondere il coraggio con la paura, spesso è un forma per nasconderla. Non c'è da vergognarsi, capita a tutti di avere paura, anche a coloro che non lo ammetterebbero mai, ma non è la paura che dovremmo temere, ma la mancata reazione ad essa. La paura può quindi assumere forme diverse, può diventare persino una malattia o una forza capace di alterare il destino di tutti coloro che ad essa reagiscono ed in questo senso si può dire che è benefica. Reagendo alla paura possiamo scampare ad un pericolo, possiamo cambiare abitudini sbagliate e spesso migliorarci. La paura non è altro che un emozione ed è per la mente come il dolore fisico è per il corpo. Il dolore, in caso di malattia, ci aiuta a localizzare il male permettendoci di curarlo, allo stesso modo la paura ci avvisa che qualcosa non funziona come dovrebbe, permettendoci di reagire. Quante persone vivono tutta la vita ad aver paura e considerano la gioia e la felicità come cose troppo preziose per potersele permettere, nella loro vita così non riescono a trovare il loro diritto ad essere lieti, a godere dei momenti di pace, di divertimento o di gioia. Ci sono anche quelli che vivono nel timore costante che la loro esistenza possa variare, quindi preferiscono l'immobilismo alla possibilità di cambiare, magari anche in meglio, ma variare implica la necessità di prendere nuove decisioni e di accettare nuove responsabilità. La paura di restare soli può farci fare scelte sbagliate, accontentarsi di un qualcuno pur che sia, la paura di essere malati o di invecchiare può farci già sentire malati o vecchi, la paura di sbagliare crea immobilismo, la paura di soffrire è già sofferenza. E' sciocco supporre che la vita sia solo un succedersi di cose belle e piacevoli ma è altrettanto sciocco pensare di non meritare di meglio o che la felicità sia riservata a qualcuno e non ad altri. La paura nasce dall'ignoto, trae nutrimento dall'incertezza, ma benchè la vita stessa sia incerta, la paura non deve essere il prezzo che si paga per vivere.  

venerdì 24 luglio 2015

Tempo libero

Tutti abbiamo bisogno di sospendere,ogni tanto,ognuno le proprie occupazioni,necessitando però qualcosa di più  del semplice tempo libero. Se avessimo solo bisogno di rilassarci, probabilmente si impiegherebbe il tempo in cui non siamo occupati in qualche attività lavorativa a riposare, a dormire, ma in questi termini non possiamo definirlo tempo libero. Molti infatti, sono quelli che occupano una buona parte del loro tempo, che non è dedicato al lavoro o alla famiglia o qualsiasi altra occupazione, ad una attività fisica o mentale, che varia da quelle un pò meno faticose a quelle estremamente faticose ed altre che non richiedono quasi nessuno sforzo. Attività quindi, che possono essere stimolanti o riposanti, ma che ugualmente si possono definire ricreative, cioè che per noi sono divertenti. La forma più ricreativa di tutte è il gioco, inteso come un attività che ci procura piacere senza che miri esclusivamente a un risultato finale. Naturalmente, una volta che il gioco cessa di essere un divertimento non è più un gioco, diventa un lavoro e in alcuni casi estremi, una vera e propria malattia. Esistono giochi di abilità, in cui la possibilità di competere con altri sono infinite, sia che si tratti di esercizi fisici, sportivi o di prove mentali, ed è l'abilità di ognuno che decide in gran parte il risultato. Niente a che vedere con i giochi d'azzardo in cui si compete per lo più con la fortuna, anche se rientra un elemento di abilità che però è sempre marginale. Nei giochi d'azzardo l'elemento predominate è il rischio, proprio ciò che a qualcuno li rende eccitanti, ma è un pò come giocare alla roulette russa, anche se non così pazzesco e pericoloso. Una delle ragioni per cui il gioco è divertimento, consiste nel fatto che è diverso dalle altre attività per quel suo elemento di incertezza, nel sapere se riusciremo o no. L'incertezza è altrettanto importante anche nelle gare sportive, stravincere non diverte, sia per coloro che competono che per gli spettatori. Ecco perchè nessuno può soffrire quelli che non stanno alle regole, tolgono al sapore del gioco tutto il suo piacere. Specialmente lo sport, è un gioco in cui non sono ammessi giochetti.
Piacere lo si prova anche a teatro o al cinema oppure guardando uno spettacolo, ascoltando un concerto, mentre ad altri piace di più essere protagonisti invece che spettatori, quindi piace recitare in teatro, ballare, cantare, dipingere, fare musica, scrivere, fare arte in generale, estraniandosi dal proprio quotidiano e rifugiandosi in un mondo che provoca sensazioni tanto forti da riuscire a trasformare il  nostro solito comportamento riservato e composto per essere liberi di esprimerci. Gli interessi di ciascuno di noi possono quindi essere di diversa origine, da quelli fisici, in cui si collocano attività varie come lo sport, le passeggiate o le gite, ove si riscontra un bisogno di esercizio fisico al quale talvolta si aggiungono altri tipi di soddisfazione, come la contemplazione del paesaggio, della natura, la socializzazione o il bisogno di quiete e silenzio, ma ci sono anche interessi che si possono definire pratici o quelli estetici, intellettuali oppure sociali. Un interesse di tipo pratico è ad esempio coltivare un orticello o fare giardinaggio, in cui c'è un desiderio di abbellimento ma anche di creazione, forse motivato da una reazione davanti alla civiltà del cemento. Gli interessi estetici appartengono invece ad un campo essenzialmente costituito dai sentimenti, dalle emozioni e da rappresentazioni in cui l'aspetto razionale subisce una trasposizione. Tra questi ci sono l'arte, quindi il teatro, cinema, concerti, letteratura e ogni forma artistica,. Gli interessi intellettuali sono suscitati invece da una sete di conoscenza che si esprime nella lettura dei giornali o nell'ascolto delle notizie, nello studio, nella ricerca, e nascono dal bisogno di indirizzarsi verso il reale. Infine, gli interessi sociali, sono determinati da un bisogno di relazione che si attua ad esempio con la frequentazione dei caffè e di tutti i luoghi d'incontro. Qualsiasi sia la cosa che ci piace fare, il tempo libero, come dice la parola, è liberazione. Liberazioni dagli obblighi del lavoro, dai legami della professione o da quelli che ci impone la famiglia, e da ogni tipo di imposizione, sappiamo infatti che nella misura in cui un attività diviene obbligatoria, non è più configurabile come tempo libero. Ma il tempo libero è anche liberazione da se stessi e un disinteressamento dell'aspetto economico di quelle attività a cui dedichiamo in nostro tempo libero, perchè se esistesse un profitto diventerebbe un lavoro e quando una passione  si trasforma in lavoro, il suo scopo principale è il guadagno. Se pur fare un lavoro che ci piace sarebbe di per se stesso una fortuna, in questi termini verrebbe meno la caratteristica principale del tempo libero e quindi non più soddisfare noi stessi ma un eventuale e ipotetico acquirente.
Il tempo libero viene quindi utilizzato in funzione degli interessi che abbiamo, da ciò che ci piace fare, ci diverte, senza nessun obbligo, e questa soddisfazione corrisponde ad uno stato nel quale vengono rimosse tutte le tensioni,  le contrarietà e ci fa stare bene.

martedì 14 luglio 2015

Non sono solo parole

Chi dice che le parole non sono importanti non sà quello che dice. Ci sono parole capaci di cambiare un momento, a volte possono cambiarci la giornata o perfino la vita. Pensate all'emozione provata nell'udire la prima parola pronunciata da vostro figlio, al "ti amo" detto dal vostro amore oppure come un semplice "si" o "no" possa cambiarci l'esistenza. Le parole possono anche alleviare le ferite, ferite invisibili ma non meno importanti di quelle che si possono curare solo con delle bende, ma allo stesso modo possono anche infliggerne di profonde e spesso dipende dalla persona che pronuncia quelle parole, da quanto sia importante per noi, in che maniera e circostanza vengono pronunciate. Lo stesso "ti voglio bene" o "ti amo" detto da qualcuno di cui non ne ricambiamo il sentimento, pur lusingandoci, non avrà lo stesso effetto se a pronunciarlo è invece la persona dalla quale speravamo di sentirlo dire. Allo stesso modo, una malaparola non ci lascerà di sicuro indifferenti, ma l'offesa sarà maggiore a seconda dell'importanza che per noi ha la persona da cui essa proviene. Qualcuno di cui ci importa poco o niente, difficilmente arriverà davvero a ferirci, perchè il dispiacere, così come la gioia, è direttamente proporzionale all'intensità dei sentimenti provati nei confronti di chi ce lo procura. Le parole quindi, possono unire le persone ma anche allontanarle, possono accorciare le distanze o estenderle fino all'inverosimile, portare pace o scatenare guerre, sanare ferite o creare solchi profondi e indelebili. Le parole però, acquisiscono valore solo se a queste seguono i fatti corrispondenti, a testimonianza della veridicità delle stesse. Così, non puoi dire a qualcuno "ti voglio bene" se poi ti disinteressi o ti comporti in malomodo, perchè non sei credibile. Ugualmente, se vuoi davvero bene a qualcuno, devi farglielo sapere, perchè oltre al comportamento, c'è bisogno di sentirselo dire. Le nostre parole rafforzano i nostri comportamenti ma non possono essere da esse sostituiti, così come le nostre azioni accompagnate dalle parole, avranno maggior significato. Ci sono anche delle parole non dette che poi diventeranno pesanti da portare per chi non le ha pronunciate, pesanti come un macigno, e diventeranno rammarico da parti di chi invece avrebbe voluto sentirle. Ma se si deve parlare a sproposito, è meglio stare zitti, i silenzi sono importanti quanto le parole,perchè come in tutte le cose, la grandezza stà nel sapiente impiego di cose contrapposte.

lunedì 6 luglio 2015

Tutto scorre

Volersi bene è indispensabile, perchè avere una buona autostima è fondamentale per amare gli altri e saperli apprezzare. Ma c'è molta differenza tra la consapevolezza e l'ossessione per l'immagine che si vuol dare di sè stessi che spesso sconfina in una forma di narcisismo. Mettendo da parte la malattia, perchè il narcisismo vero e proprio è un disturbo psichico,l'autocompiacimento narcisistico và oltre il voler fare una bella figura, sentirci bene con noi stessi e quindi curare il nostro aspetto. Il narcisista è insensibile ed egoista ed è incapace di amare gli altri perchè è concentrato solo su sè stesso. Convinto di bastarsi è però ossessionato dall'attenzione degli altri,dal proprio aspetto fisico, da tutto ciò che è apparire. Sfugge dai rapporti seri e tutto diventa usa e getta. Sicuro di sè è però incapace di reagire alla prima difficoltà che incontra, perchè la sua autostima è fondata sul nulla. Di persone così purtroppo oggi ce ne sono molte, più di quello che credete, perchè quella di oggi è una generazione sempre più narcisistica, generazione "me". Le origini di tutto questo vanno ricercate proprio nelle contraddizioni della nostra epoca, in cui i diritti ci vengono negati mentre molti pretendono di far diventare diritto, ciò che è invece una conquista. E' l'epoca in cui conta di più il consumo che il lavoro, in cui non conta più l'impegno, la capacità, ma il godimento, dove si mette in mostra se stessi come se fosse uno dei tanti prodotti di una società di massa ormai omologata. Da tutto questo nasce l'ossessione per l'aspetto fisico, l'apparire ad ogni costo non per le proprie capacità, l'essere talmente concentrati su se stessi che persino i rapporti vengono vissuti con disimpegno. Il narcisismo dilaga anche sui social network con la fotografia fatta a sè stessi, il selfie, che nasce per condividere i momenti belli, forse per divertirsi, e sotto questo aspetto è un evoluzione della comunicazione, ma c'è sempre di più lo scatto super-narcisistico che non ci risparmia niente. Da quello dissacrante a quello hot, dal celebrativo al culturale, estroso o spericolato. Lo fanno i politici, i potenti ed i vip, ma anche democraticamente i signor nessuno. Il risultato è un diffuso senso di indifferenza a tutto, in molti casi anche di solitudine, perchè invece di partire dal web per cercare contatti nella vita reale, di utilizzare la rete, si lasciano usare da essa così da diventarne dipendenti. Magari hanno mille amici sui social e nessuno con cui uscire, sempre chini sui loro telefonini di ultima generazione,perchè non possono certo farsi mancare lo status symbol, però incapaci di parlare con il vicino che gli siede accanto. Questa è l'epoca in cui non ci sono più certezze e tutto deve essere consumato in fretta, tutto scorre, diventa fluido, merce su scala globale. Per qualcuno invece, concentrarsi su sè stessi non è narcisismo,  ma è l'esigenza di costruire la propria identità in un mondo in cui tutto è omologazione, allora ci si arrangia come si può, non si sta sempre incollati davanti ad uno schermo o con il cellulare in mano, ci si impegna in prima persona, ci si muove, si cercano contatti tra coloro che abbiano voglia di costruire qualcosa. Quello che però dovremmo recuperare è il senso di appartenenza, promuovere gli incontri, una nuova cultura, scambiarci le idee, coinvolgere le persone senza che siano solo spettatori inerti, promuovere una nuova idea di società.

venerdì 26 giugno 2015

Accoglienza o emergenza.

L'accoglienza è l'atto di ricevere con un adeguata predisposizione d'animo qualcosa o qualcuno. Dal momento stesso in cui noi decidiamo di ricevere a casa nostra una persona, che sia un parente o un amico o qualcuno al quale vogliamo tendere una mano, vuol dire che siamo benevolmente predisposti nei suoi confronti e quindi pronti all'accoglienza. Nessuno si sognerebbe mai di aprire le porte di casa propria a una persona che non vede di buon occhio, della quale non si fida o si fida poco, o almeno lo farebbe con una predisposizione d'animo diversa, più guardinga e meno portata all'accoglienza vera e propria. Accogliere quindi, vuol dire accettare l'altro benevolmente, farlo sentire a suo agio, così è compito di chi accoglie rendere il soggiorno della persona che ospita, breve o lungo che sia, il più gradevole possibile, in base alle proprie possibilità, ai propri mezzi. Da parte della persona ospitata, ci deve essere una sorta di rispetto del luogo in cui si trova, delle abitudini e usanze della persona che ospita, senza voler imporre le proprie in virtù dell'accoglienza accordatali. Ospitare qualcuno quindi, non deve stravolgerci la vita o metterci in condizioni di non poter adempiere alle nostre funzioni quotidiane, impedirci di eseguire il nostro lavoro, a meno che non siamo noi stessi a voler fare, non come obbligo ma come scelta. Quando l'accoglienza è una necessità, un caso straordinario, non è più accoglienza ma diventa emergenza, ed è quindi compito di tutti, nei limiti delle proprie possibilità, prendersi carico di fronteggiare tale situazione, senza che nessuno possa esimersi. Un emergenza non è quindi qualcosa di voluto, cercato, non implica una scelta proprio perchè è un emergenza. Troppo spesso le parole vengono utilizzate a sproposito, così da cambiare il senso delle cose, stravolgere completamente i fatti, a favore o sfavore a seconda della convenienza, ma i fatti non possono essere stravolti, ed in qualsiasi maniera vogliate chiamarla, un emergenza resterà sempre un emergenza.

martedì 23 giugno 2015

L'individuo e il gruppo

Fin dalla nascita,l'individuo appartiene ad un gruppo che è la famiglia. In seguito egli continuerà,qualcuno di più qualcuno meno,a far parte di gruppi, ad agire all'interno di essi, a modellare il proprio comportamento su quella base, sia che si tratti della scuola, di un gruppo di lavoro o sportivo o altro. La parola gruppo, deriva da groppo o nodo,e indica un insieme formato da diversi individui, ma non si deve confondere il gruppo con una semplice riunione di persone che si troverebbero solo in una situazione collettiva. Il gruppo è caratterizzato da una struttura in cui esiste una interazione permanente, del tipo stimolo di risposta tra i vari componenti, che fa si che il gruppo si distingua da una semplice enumerazione statica. Una somma di individui quindi,che costituisce un entità che permette di spiegare i comportamenti propri del gruppo stesso. Un gruppo formato da un numero non eccessivo di membri, permetterà migliori scambi interindividuali, il perseguimento comune degli stessi fini,che corrisponde agli interessi di ciascuno riguardo ai valori in cui crede. Un clima affettivo nato dalle relazioni interindividuali si rifletterà positivamente sulle capacità di apprendimento e sul rendimento del gruppo. Anche lo svolgimento del compito di ognuno è un fattore di coesione, perchè il mantenimento dell'equilibrio dipende dalla sua distribuzione, così non si verificheranno tensioni o rivalità. Un numero maggiore di membri, non favorirà la comunicazione diretta tra loro, i rapporti interpersonali saranno più formali e freddi e ciò favorirà la formazione,all'interno del gruppo stesso, di gruppi più piccoli, proprio per l'esigenza di relazionarsi. Se ci sono delle competizioni all'interno del gruppo, renderà meno facile il lavoro o il compito, al contrario la competizione tra gruppi diversi, può rafforzare la coesione e il sentimento di appartenenza. Le caratteristiche individuali possono anche influenzare un integrazione efficace, nella misura in cui l'individuo, a causa della sua educazione o del suo temperamento, incontri maggiori o minori difficoltà a stare o lavorare con gli altri, un gruppo infatti esige una certa tolleranza e cooperazione. Si può quindi parlare di gruppo quando ci sono determinate caratteristiche. La simpatia reciproca è all'origine dalla coesione, la motivazione e la distribuzione dei compiti in maniera equa, le comunicazioni e la soddisfazione personale che saranno maggiori se il gruppo non è competitivo tra i vari componenti del gruppo stesso, ma ciò che sta alla base di quello che si definisce gruppo, è l'interazione, la partecipazione permanete e non una semplice riunione di individui.
Un discorso a parte potremo farlo per i più giovani, per i ragazzi ancora in fase di formazione. La maggior parte dei ragazzi, trova la maniera di associarsi in un gruppo, che sia formato da compagni di scuola o amici di quartiere non fa molta differenza per loro ed è più facile trovare motivo di aggregazione. Ci sono però diversi modi di fare gruppo e questo spesso dipende da quanto il ragazzo sia capace di avere una propria identità, diversa da quella degli altri. Ci sono dei ragazzi che non sono in grado di essere "sè" e finiscono per avere lo stesso modo di vestire,che non è solo un fatto di moda, parlare, uniformarsi persino nelle idee, in una sorta di omologazione. La propensione a stare su questa posizione di imitazione reciproca, con l'illusione di essere qualcuno essendo l'altro per un assurdo gioco di specchi, non favoriscono un identità personale. C'è però una differenza fondamentale tra i ragazzi che questi bisogni li vivono, poi li elaborano e vengono trasformati e quei ragazzi che non riescono ad elaborarli ma continuamente li subiscono. Alla radice di questo, ci sono difese e corazze stabilizzate che servono ad evitare la relazione con qualcosa di veramente diverso da sè, che spesso incute timore. Le grandi amicizie dell'adolescenza, spesso tendono a finire con l'età adulta, proprio perchè molte sono relazioni in cui si idealizzano gli amici, invece di essere un ponte verso l'individualizzazione di sè, importante per formare una propria personalità, perchè una volta coscienti della proria identità potremo davvero vedere nell'altro noi stessi, non per imitarlo, ma per poterlo capire. Vedendo nell'altro un essere umano che potremmo essere noi, potremo quasi sentire ciò che prova, ed i nostri atteggiamenti nei suoi confronti saranno diversi. Allora e solo allora sapremo come comportarci e saremo pronti  a far parte di un gruppo che lo sia per davvero, pur rimanendo noi stessi.

martedì 9 giugno 2015

Silenzio...ascolta

La società, prova sempre un certo disagio di fronte a un soggetto chiuso, lo giudica male. Lo può trovare superbo oppure bizzarro, facendosi un'idea sbagliata. E' il linguaggio che permette il contatto, se è turbato, le relazioni lo sono altrettanto. Quando si parla, non vi sono solo le parole, vi è la voce, il tono, insomma un calore che si comunica all'altro. Tuttavia il silenzio non è una colpa, eccetto i casi in cui parlare è un dovere. Si può tacere per tanti motivi, perchè si è preoccupati, anche se vi è gente che invece si lamenta delle proprie cose, ma c'è chi non lo fa. Forse questa è semplicemente a causa di un modo di pensare o di agire, potremo chiamarla riservatezza. Anche le persone d'azione parlano poco, ma la riflessione conduce allo stesso risultato, se riflettono troppo, diventano pensierose, si isolano, un'altra forma di silenzio. I silenzi comunque, fanno parte anche di un evoluzione interiore, ci si stacca dagli altri per arricchirsi interiormente, per farne ritorno non appena abbiamo capito meglio ciò che si prova. Il silenzio può essere una forma di sensibilità, è l'emotività che inibisce e ci rende silenziosi. Quello che sento, lo sento interiormente, senza potermi esprimere o esteriorizzarlo. La timidezza, il timore di non essere compresi o mal interpretati, perchè l'incomprensione non ci lascia indifferenti, così che si reagisce in maniere diverse, una è il silenzio, privandosi del bisogno di voler parlare con gli altri, confinandosi in un modo di vivere che procura l'antipatia di coloro che non capiscono le motivazioni di quel silenzio. Un contatto anche modesto, certe volte, basta a prepararne altri, più vasti. Durante un colloquio, basta una parola perchè la situazione si distenda e si stabilisca una corrente, ma basta pure una parola perchè ci si ritrovi lontani l'uno dall'altro. A volte basta fare un gesto amichevole, ma sopratutto, mostrare la disponibilità attraverso la quale si possa avvertire di essere capiti. Se abbiamo fiducia ci si apre, perchè il silenzio dipende dall' atteggiamento e dalle intenzioni dell'altro. Molti parlano solo per parlare, a troppi piace sentire solo il suono della propria voce, qualche volta bisogna stare in silenzio per ascoltare e non solo udire, che non è la stessa cosa.

Silenzio...
adesso stai ad ascoltare
quello che ho nel cuore
poi se vuoi potrai parlare.

Silenzio.

Non voglio urlare e
nemmeno bisbigliare,
che non sia solo un suono
da poter ignorare.

Silenzio...
quello che ho da dire
dovevi già saperlo,
non hai mai ascoltato,
per quello l'hai ignorato.

Silenzio...ascolta.

Se adesso ti è arrivato,
è perchè hai ascoltato.

lunedì 8 giugno 2015

Madre natura

In questi tempi il ritorno alle cure ed alla alimentazione naturale è una reazione istintiva della società di fronte ai guasti della civiltà consumistica, guasti che lo stesso essere umano, con la sua cupidigia, ha provocato. Oggi, tutti noi conosciamo le conseguenze del falso mito del superuomo che piega le forze della natura per affermare la propria superiorità. La natura non può essere piegata, la natura va rispettata, altrimenti si ribellerà sempre, a scapito dell'intera umanità. La realtà contemporanea è un esplosione degli sprechi, dei consumi e della distruzione ecologica, e non ci vengano a dire che queste brutture non hanno alternative. Produrre prodotti naturali, pregiati, si salverebbe l'ambiente e la nostra salute. Sembra che si faccia strada il concetto di intervento globale a difesa della società in cui viviamo e del nostro habitat insidiato dall'inquinamento e dai tanti danni dell'inciviltà consumistica, ma ognuno di noi può fare qualcosa. Non è certamente nella nostra possibilità operare questo mutamento profondo, ma è compito dell'uomo di cultura, nei limiti delle sue umane possibilità operative, introdurre un concetto, un modo di essere, dimostrando di non far parte di quel cardine dell'ingranaggio autodistruttivo che è la mercificazione. Ciascuno di noi può fare delle scelte in ogni momento della giornata, per l'alimentazione, l'igiene personale, per quella della casa o del posto di lavoro, respingendo, per quello che ci è possibile, ogni cosa offenda la natura e ogni essere vivente. L'uomo non attende altro che di essere guidato in una direzione di salvezza, di ritornare con amore e con energia alla buona terra, alla natura, con un atteggiamento più attento, umile, ma certamente più produttivo e maturo. Ritornare quindi ad un ideale umanistico non più mercificato, senza più strumentalizzare la scienza del profitto a svantaggio di un bene più assoluto che è il bene per l'uomo, il rispetto di ogni essere vivente e della natura.

" Sono pochi ora, ma la speranza è che divengano molti,
affinchè l'uomo possa sentirsi protagonista della propria vita
in armonia con la natura madre e di lui stesso parte essenziale...
perchè possa sentire ancora il profumo della primavera.
il canto degli uccelli, la fragranza del mare, l'odore della buona terra "

                                                             A.Cecchini

venerdì 5 giugno 2015

Percepire è meglio

L'istinto si presenta per prima cosa come un impulso, una tendenza, cioè come quella forza orientata verso degli scopi ben precisi e in quel senso l'essere umano possiede "istinti" come l'animale. Nel mondo animale però la tendenza viene soddisfatta, generalmente, per mezzo di "atti istintivi" che sembrano implicare un'abilità innata, nel senso che non richiede nessun apprendimento. Nell'essere umano invece, l'abilità e la tendenza restano separate, tra esse si pone il tempo dell'apprendimento o dell'intelligenza che deve inventare delle tecniche per soddisfare la tendenza. Per sua natura, nell'essere umano non esiste un'abilità spontanea, ogni generazione, per suo conto, impara di nuovo a parlare la lingua natia, a camminare, a scrivere, i vari mestieri ecc...tentando di assimilare quello che i predecessori hanno scoperto o inventato nel corso dei secoli. Nell'istinto, l'animale è provvisto naturalmente di strutture appartenenti all'organismo che li utilizza, per cui è provveduto per tutte le sue funzioni istintive. L'essere umano non è provvisto naturalmente di tali strutture, ma in più ha l'intelligenza, così da potergli permettere di inventare e costruire da se stesso gli arnesi di cui necessita, unendo l'aspetto dell'intelligenza a quello istintivo. Nell'essere umano si può quindi parlare di istinti ma non di veri e propri atti istintivi.
L'abitudine, si contrappone all'istinto in quanto è un modo di sentire e agire acquistato e relativamente stabile, finalizzato e involontario. L'azione abituale, una volta scattata, si compie da sola, così come fa un ciclista che non è più cosciente degli innumerevoli movimenti che compie per restare in equilibrio sulla bicicletta. L'abitudine è quindi l'acquisizione di una struttura di insieme ove ogni movimento ha un senso, se non esistesse non saremmo in grado di compiere gesti semplici, come camminare, o impiegheremo del tempo a compierli. In questo senso l'abitudine agevola la nostra esistenza, liberando la coscienza e la volontà per nuovi compiti più importanti, per un nuovo slancio. Nel'abitudine il corpo non è più un nemico dell'anima in cui il corpo resiste, ma cessa di essere un ostacolo, diventa interprete, come quando una ballerina non sente più il suo corpo come un oggetto estraneo che le fa da intralcio, ma è essa stessa il corpo. In questo senso l'abitudine non è più inerzia o meccanismo ma uno stato di grazia. L'abitudine è però ambigua perchè un essere umano condannato alla ripetizione diviene una macchina e può solo fare quello che ha imparato a fare senza inventiva. L'abitudine può meccanizzare i nostri atti e talvolta affievolire i sentimenti, impedendo l'arricchimento della nostra vita. Così l'artista che non si rivolge all'automatismo preconfezionato dell'accadeismo, cerca una maniera di esorcizzare l'abitudine, ritrovando nell'arte il significato ingenuo e originale del mondo. Di sicuro la tecnica aiuta, però non bisogna trascurare l'immaginazione o meglio ancora la percezione, perchè immaginare è sempre percepire, ma male, percepire è anche immaginare, ma meglio.
Così ci sono abitudini essenziali che ci aiutano a vivere meglio la quotidianità, mentre ce ne sono altre che possono impedirci di evolvere o addirittura alcune deleterie, come abituarsi al male, all'ingiustizia, alla disumanità. Ripetere sempre le stesse azioni, porta quindi a una specie di assopimento dello spirito, che inaridirà il poeta e pietrificherà nel convenzionale le scoperte rivoluzionarie.

" Un'anima morta è un'anima completamente abituata "    Péguy

venerdì 29 maggio 2015

La sorgente

Il cuore, le passioni, i desideri, giocano un gran ruolo nella ricerca della verità. La ricerca della verità però, suppone uno sforzo per liberarsi da quello che potremo definire, l'ordine dei sentimenti o delle abitudini. Ed è proprio perchè richiede uno sforzo che viene praticato molto raramente, condannandosi da soli alle false credenze. Molti si affidano senza troppo riflettere alle abitudini del proprio ambiente, a quello che dice un giornale, persino a un partito politico, mentre sappiamo bene che ci sono altri ambienti, giornali e partiti politici. Troppo spesso, prima di ogni cosa, ciò che vogliamo è il conforto, la serenità interiore, la famosa coscienza a posto, costruendosi le proprie certezze, ma così, la certezza diventa nemica della verità. Lo spirito di verità consiste nel preferire la verità fine a se stessa, nel non adagiarsi nelle idee antiche, nelle pseudo-evidenze costruite dai sentimenti o dalle abitudini, nel guardare gli altri e se stessi dall'esterno con obiettività, liberi da ogni condizionamento. Essere liberi però non vuol dire liberarsi da ogni responsabilità o dovere, anzi, richiede un maggior impegno, maggior conoscenza. Per conoscere, si deve andare alla sorgente, perchè passando di bocca in bocca, di testa in testa, la verità si sporca, per merito della stupidità o della cattiveria, dell'invidia e spesso dell'ignoranza, che inquinano ogni cosa. Ma per fortuna la sorgente continuerà comunque a zampillare pura, continuando la sua corsa, lasciando dietro di sè i bugiardi, gli sciocchi, i manovratori, i corrotti, coloro che pensano solo al loro bene, quelli che giudicano senza sapere o voler sapere, che vorrebbero assuefarci a sguazzare nello stagno della menzogna ove non c'è possibilità di progredire. Ognuno di noi può scegliere se percorrere la strada più comoda convincendosi di avere la coscienza a posto, o quella più difficile che porta alla sorgente.

lunedì 25 maggio 2015

La memoria

Il presente non è una linea di demarcazione astratta che separa il passato da un futuro ancora inesistente. Il nostro presente avvolge ciò che abbiamo appena fatto e ciò che stiamo per fare. La memoria appare come una specie di rivincita sulla fuga dei giorni poichè lo spirito umano può ritrovare e guardare ciò che è trascorso. Così il mondo che cambia trova fissità nella nostra memoria, ma questi momenti se pur da essa salvati, non possono essere veramente resuscitati perchè il ricordo è un evoluzione presente del passato e non il passato stesso che noi potremmo trasportare come un bagaglio. La memoria non è nemmeno un cassetto che accoglie automaticamente ogni oggetto, l'acquisizione di un ricordo dipende da fattori soggettivi, è un atto della persona che fissa il passato in funzione dei suoi valori, delle sue esigenze. Si capisce quindi che a seconda delle circostanze il ricordo si può modificare con esse, possiamo parlare infatti di un evoluzione dei ricordi. Ci sono certi ricordi, che fanno parte della nostra memoria affettiva che molto spesso rassomigliano a una specie di magia, alla resurrezione dei sentimenti suscitati da uno stimolo sensoriale, olfattivo, uditivo, visivo. Tutti conoscono l'esperienza di un ricordo suscitato da un odore particolare, da un sapore, da una melodia o da un paesaggio in cui ritrovare miracolosamente le emozioni che ci ispirarono in passato. Ma non vi è memoria affettiva se non quando l'emozione provata nell'evocare il ricordo, sia realmente quella vissuta una volta, e non un emozione nuova, diversa, suscitata da quel ricordo. Così il ricordo di un dolore può ancora provocare dolore, ma è un emozione diversa, presente, e non il ricordo di un emozione. Mentre il ricordo di un dolore, seppur diverso, è ancora dolore, il ricordo di una felicità non è più felicità, al limite può essere nostalgia. 
La memoria autentica quindi, non è una collezione di ricordi anonimi ma l'espressione della persona concreta e vivente, non il passato ridiventato presente, ma il passato riconosciuto come passato. La vera funzione della memoria è di trarre lezione da ciò che è trascorso e trasformare l'avvenimento in esperienza positiva.

mercoledì 20 maggio 2015

Desiderio e volontà

L'azione volontaria è per prima cosa un'azione intenzionale, cioè un'azione preceduta da un progetto cosciente, ed è quindi la prova dell'autenticità del progetto, ne costituisce la testimonianza poichè  suppone valori diversi dalla sola idea o dalla ragione. Se provo un desiderio, la ragione può certo aiutarmi a trovare il modo di soddisfarlo, ma non può crearlo perchè la sola ragione non costituisce volontà. E' anche vero che se siamo capaci di volere è perchè abbiamo dei bisogni, dei desideri, se fossimo privi di qualsiasi desiderio o necessità, non faremmo nulla anche se fossimo straordinariamente intelligenti, perchè il desiderio da solo non basta. La differenza fondamentale tra desiderio e volontà è proprio questa. L'uomo del desiderio non sa che aspettare che succeda qualcosa, aspetta la manna senza fare nulla, mentre l'uomo di volontà si sforza di realizzare un'opera. Il desiderio quindi non è azione, si potrebbe dire che è un sogno o una preghiera, mentre è nell'azione, nell' opera, che risiede il volere. In realtà, la vera volontà, non risiede solo nell'azione, ma in colui o colei che resiste ai suoi desideri, come diceva Renouvier " volere veramente è volere ciò che non si vuole". La volontà è prima di tutto un potere di inibizione, la forza di trattenere un desiderio, di dominarlo, uno sforzo mentale prima che fisico. Lo sappiamo tutti come è difficile prendere la dacisione di alzarsi quando non ne abbiamo voglia, allontanare la tentazione di pigrizia e mantenere questa decisione nella coscienza, ancora di più è difficile per un ubriacone smettere di bere, un giocatore di non correre a giocare e così via, tuttavia possiamo volontariamente opporci al desiderio e trionfare su un impulso, allontanando le sollecitazioni immediate a vantaggio di tendenze più profonde. Agire volontariamente implica una riflessione, sapere prima di tutto quello che si vuole, rendersi conto delle esigenze fondamentali, rinunciare a soddisfare determinati capricci e desideri superficiali, ma più che altro implica la scelta tra varie possibilità. Quando viene meno la possibilità di scelta non si potrà parlare di azione volontaria.
Una persona di volontà ha quindi sempre un ideale che gli permette di disciplinare le sue tendenze e di conseguenza acquistare quello che Goethe definiva "la signoria di se stesso".

giovedì 14 maggio 2015

Ricerca

Non si realizza una ricerca per un gusto personale e nemmeno per provare a se stessi o agli altri che si ha ragione. Con la ricerca si vuole conoscere la verità, ciò che importa è la volontà di vederci chiaro. La funzione della ricerca è simile a quella dei fari, illuminare la strada, per far si che il conducente riesca a vedere bene la strada. Ma la ricerca non viene elaborata una volta per tutte, si ridefinisce e si modifica dalla scoperta di dati sconosciuti e di problemi ignorati ed è modificata dal sorgere di nuovi avvenimenti. Essa dovrà anche essere pronta a cogliere situazioni favorevoli le quali rendano possibile il progresso della vita, del pensiero vero. Ma la ricerca risulterà efficace nella  misura in cui ci si sforzi di non reprimere gli elementi soggettivi e oggettive che dipendono dalla nostra personalità, anzi di valorizzarli. L'amicizia, l'interesse per le persone, la passione per i problemi sociali, l'esigenza di conoscere, sono dunque delle componenti essenziali, ma non meno essenziali sono l'esigenza di verifica e la disponibilità a rimettere in discussione le proprie convinzioni più profonde. Orientandosi verso questi ideali sarà molto più fecondo ed efficace che attenersi a delle regole tecnico- burocratiche. E' compito di tutte le strutture, specie quelle educative, portare avanti il lavoro di conoscienza e di ricerca ,perchè la strada per il progresso non risiede in un opposizione sterile o in una negazione reciproca, ma nella realizzazione dell'ntegrazione tendente a mettere alla portata di tutti le informazioni, specie per quella parte di persone spesso mal informate o scarsamente ricettive, e a suscitare caratteristiche di "nobiltà" che ancora troppi non posseggono.

lunedì 4 maggio 2015

Rinnovarsi

L'essere umano potrebbe continuamente rinnovarsi attraverso un processo di creazione o evoluzione che dir si voglia, ma troppo spesso rimane ancorato al passato oppure resta su modelli prefissati senza partecipazione emotiva. Sia in un caso che nell'altro questo non gli permette di agire liberamente e quindi di rinnovarsi. Quello di cui però indistintamente l'essere umano sembra essere carente, è la spontaneità. Sembra che oggi si misuri tutto, dall'amore per qualcosa di specifico al sentimento di attrazione o simpatia che proviamo nei confronti degli altri, a volte persino quello di repulsione. Ci sono molti più attori impegnati nella vita di tutti i giorni che nel mondo del cinema, come se tutto fosse diventato un grande set senza coinvolgimenti emotivi. Tutti i nuovi mezzi tecnologici, che potrebbero avvicinare le persone, hanno invece fatto sì che ci sentissimo più soli e spesso hanno contribuito a renderci meno capaci di relazionarci con gli altri. In questo siamo stati aiutati dall'uso indiscriminato della messaggistica dei cellulari, se pur utile in molti casi, in altri appiattisce e riduce le relazioni interpersonali. Lo stesso succede con i social network che se ben utilizzati sarebbero un grande mezzo di comunicazione e divulgazione, nato proprio per avvicinare le persone, ma nella stragrande maggioranza si riduce ad una azione passiva, la cui sola regola è partecipare per il gusto di esserci, e non la conoscenza. Si può dunque affrontare la vita sociale in diversi modi, limitandosi all'aspetto esteriore e statico oppure in una prospettiva dinamica interessata al problema, identificandosi con gli altri e sforzandosi di capire. Ogni fenomeno, che sia affettivo o operativo, acquisterà così maggior significato a seconda del grado di coinvolgimento dell'individuo.

sabato 2 maggio 2015

Vita quotidiana

La vita quotidiana è fatta di gesti sempre identici,di ripetizioni: alzarsi al mattino, preparare la colazione, fare le pulizie, uscire, percorrere le stesse strade, immergersi nella folla, guardare l'orologio, leggere il giornale, attraversare la stessa porta dell'ufficio o fabbrica o negozio e così via. Molti avvertono il peso di questa monotonia cercando di evadere sognando a occhi aperti, ed in essa possono prendere forma le creazioni più autentiche che nel quotidiano mettono radici, trovano l'attuazione delle aspirazioni più elevate, oppure restano solo un espressione astratta destinata a perire senza lasciar traccia. Nella vita quotidiana si può trovare quindi lo straordinario accanto alla più piatta banalità. Troppo spesso però la vita quotidiana mostra di essere terreno della fortuna o della sfortuna, del caso o del destino o di entrambe le cose, contro le quali anche lo straordinario non può far nulla. Così, nel quotidiano trovano posto sia le alienazioni che le realizzazioni dell'essere umano, possibile e impossibile, perchè possibile e impossibile vanno di pari passo, e spesso il possibile non scelto diviene impossibile. La vita quotidiana però non si esaurisce nella vita di lavoro nè in quella della famiglia e neppure nelle distrazioni, nelle passioni, negli affetti o nelle relazioni, ma comprende tutte queste fasi.Vita quotidiana quindi è anche vita sociale ed i luoghi di passaggio come la strada, il caffè, la stazione, lo stadio, sono luoghi d'incontro, ma l'uomo dubita ancora del linguaggio e rivela la sua incertezza di fronte ad una comunicazione di cui non si conosce con sicurezza per quale motivo avvenga o in che maniera o a che livello. Si parla del tempo, dei figli, della famiglia o del lavoro che c'è o che non c'è, in uno scambio di parole sempre uguali, forse inutili ma tuttavia significative, perchè è indubbia la necessità di comunicare. A volte ci si racconta, ma con i dovuti limiti, ci si confida quel poco che basta per creare un legame, in un miscuglio di fiducia e sfiducia, in un linguaggio che dice e non dice, che evita di dire o non può dire per non fare la figura dello sprovveduto che offre all'interlocutore le sue fragilità. Quando il bisogno di comunicare, di relazionarsi, non trova le parole per esprimerlo, scompare o si ribella. La vita quotidiana è quindi sempre uguale e sempre diversa, con il continuo succedersi dei personaggi, degli aspetti, degli oggetti e delle ore in quel deserto affollato di solitudini che è l'esistenza.

lunedì 27 aprile 2015

I brandizzati

La pubblicità è la maniera in cui i produttori informano potenziali consumatori sull'esistenza di un nuovo prodotto o servizio e sulla sua qualità,ma la pubblicità non è solo quello.E' nota l'importanza del ruolo che la pubblicità svolge nell'economia,specie nel mondo occidentale,essa costituisce uno degli aspetti di maggior rilievo di quella "cultura di massa" che caratterizza lo spirito dei nostri tempi. In realtà,quest'importanza è ancora maggiore di quanto si immagini poichè la pubblicità è per la sua stessa natura una tecnica di persuasione di massa e ricorre a tecniche di grande efficacia destinate a suscitare o accrescere il desiderio di acquistare un certo prodotto o servizio. Il pubblicitario agisce sui sentimenti,gli atteggiamenti,le opinioni e i comportamenti del pubblico sapendo così quale argomento usare per invogliarlo all'acquisto di quel servizio o prodotto specifico che non necessariamente corrisponde alla principale qualità del prodotto o alla sua reale utilità. Dunque la pubblicità,pur essendo alimentata dalla cultura di massa,contribuisce a sua volta alla sua formazione.Si capisce quindi quanto può essere deleterio un messaggio sbagliato.Ovviamente la pubblicità,che si voglia o no,influenza il modo di spendere il nostro denaro,ed è implicito che gli acquirenti di questo o quel prodotto o servizio,pagheranno nel prezzo dello stesso anche il costo sostenuto per la sua pubblicità.Dal punto di vista del produttore,la pubblicità è essenziale per la concorrenza,senza una campagna pubblicitaria un nuovo prodotto o un azienda,avranno poca probabilità di farsi conoscere.Una piccola azienda o un artigiano si troveranno però in una posizione di svantaggio rispetto a quelle che posseggono più capitali da investire in una campagna pubblicitaria,ma ciò non vuol dire che il loro prodotto o servizio sia inferiore agli altri,anzi spesso è il contrario.Considerando che è la pubblicità a dar fascino a un prodotto,per il produttore o azienda che sia,è spesso più fruttuoso persuadere i potenziali clienti che il proprio prodotto è più conveniente o migliore degli altri,che produrre effettivamente un prodotto con tali requisiti. Dal punto di vista del consumatore quindi è lecito chiedersi se la pubblicità utilizzata per contrastare la concorrenza sia davvero basata sulla effettiva differenza di qualità tra prodotti rivali. Quanti di noi sono effettivamente in grado di scegliere senza farsi condizionare da un marchio o un nome conosciuto,e quanti sono così informati da sapere davvero cosa comprano e quale sia il suo reale valore? Bisogna riconoscere che un prodotto viene sempre meno acquistato per le sue qualità obiettive perchè al momento della scelta intervengono fattori che non hanno alcun rapporto con le reali qualità del prodotto acquistato. Troppo spesso è più importante chi lo fa invece di come lo fa,in pratica non è l'oggetto che acquistiamo ma il nome o il brand,come si usa dire oggi.Un marchio famoso può anche darci una certa sicurezza in termini di qualità,nessun produttore conosciuto rischierebbe di declassare il proprio brand con dei prodotti di scarsa qualità,ma spesso dietro il famoso brand c'è una meno famosa azienda o artigiano che che li produce per loro,lo stesso artigiano o azienda che magari ha pure tentato a immettersi nel mercato con i suoi prodotti di ottima qualità,ma senza un brand famoso non è riuscito a integrarsi.Stesso prodotto,stessa qualità,magari a un prezzo più adeguato,ma senza un marchio conosciuto,sembra che molti non siano nemmeno in grado di scegliere.Allora mi verrebbe da chiedervi,cos'è che comprate,il brand o l'oggetto in quanto tale,ma più che altro,siete sicuri che il prezzo di quel prodotto corrisponda alle sue reali qualità? Molti sono disposti a spendere cifre esorbitanti senza pensarci troppo quando si tratta di acquistare prodotti brandizzati,ma quando si trovano di fronte a beni prodotti da piccole aziende o artigiani che producono pezzi unici,pensano subito al risparmio,perchè non sanno capirne il valore. L'hand made,o meglio il fatto a mano italiano,viene molto di più apprezzato e ricercato all'estero che in Italia,ma il vero italy hand made,quello davvero prodotto in Italia con materie prime italiane, perchè nel caso ci sia ancora qualcuno che non lo sa,per legge basta che l'ultima fase della lavorazione sia fatta in Italia per poter applicare il marchio made in Italy,alla faccia della tutela dei nostri migliori prodotti.Gli italiani invece si lasciano affascinare dai marchi stranieri,da quei prodotti che magari sono pure fatti in casa nostra e brandizzati all'estero. Gli stranieri lo sanno che in Italia ci sono piccole aziende e artigiani che lavorano bene,non sono mica stupidi...loro.In compenso,in Italia ci siamo fatti inondare da schifezze,che tutti sappiamo da dove provengono.Prodotti provenienti da paesi in cui non esistono controlli,in cui non c'è obbligo di rispettare certi parametri di sicurezza,senza etichette e in molti casi sono pure nocivi e questi prodotti vengono commercializzati in Italia nonostante le nostre leggi lo vietano.Se per esportare i nostri migliori prodotti si deve importare le loro schifezze,non mi sembra che il rapporto sia equo.Se proprio vogliamo dirla tutta, ci sono leggi italiane che andrebbero riviste,specie nel campo agro alimentare,come la tracciabilità delle materie prime,con l'obbligo di apporre in etichetta la loro provenienza.Come si può permettere di applicare il marchio made in Italy se di italiano c'è solo la lavorazione mentre le materie prime provengono da altri paesi.Ci vuole una legge che tuteli davvero il consumatore,che sia applicata a tutti,in quel caso potremmo decidere cosa acquistare e da chi,in base al nostro budget o al nostro gusto,ma in tutta tranquillità di sicurezza.Da parte di noi consumatori,faremmo bene a non farci condizionare da brand o marchi conosciuti perchè la qualità spesso si trova a casa nostra,nelle piccole aziende,nell'artigiano italiano che cura davvero i suoi prodotti,che investe cercando sempre la maniera di migliorarli invece che nella pubblicità.Se invece siamo costretti a risparmiare,anche se il prodotto è inferiore di qualità per ovvi motivi,almeno che gli organi competenti facciano leggi che possano tutelare la nostra sicurezza.Qualsiasi cosa decidiamo di fare,non dovremmo mai dimenticarci che così come non è il vestito che fa l'uomo,non è il nome a fare il prodotto,ma la sua qualità.

giovedì 9 aprile 2015

Alla base della cisterna

Il nostro corpo è costituito da milioni di compartimenti di materiale vivente, le cellule, organizzati in gruppi che si dedicano a particolari attività, coordinate da complicati sistemi di controllo fisico e chimico. Una malattia quindi, è il risultato dell'azione scoordinata di un gruppo di cellule, ristabilirne l'equilibrio è quello che definiamo "salute". La malattia si può quindi definire come uno stato di funzionamento imperfetto del corpo o della mente, però bisogna rendersi conto che molte delle cause di malattia hanno radici nel mondo che ci circonda o dal nostro modo di vivere. Alcune malattie nascono come conseguenza del progresso economico, ed i pericoli che corre la sanità mentale sono strettamente legati all'organizzazione della società, così i fattori sociali diventano sempre più importanti per la sopravvivenza e la salute.
Le misure che l'uomo prende per prevenire o guarire le malattie, il successo di tali misure, dipendono in gran parte dal modo di pensare, dalla scala dei valori che ad esso viene attribuita e dal livello scientifico ed economico della società. Una società che comprenda veramente il valore della salute, prevederà anche i mezzi economici e scientifici per addestrare e mantenere le persone addette ai servizi sanitari ma anche sociali e alla ricerca, per poter essere in grado di prevenire le malattie e favorire la salute pubblica. Se non è sufficiente l'aspetto umano a far sì che lo stato di salute di ogni individuo venga a trovarsi al primo posto nella scala dei valori, basterebbe pensare agli effetti economici che può provocare un tale deficit. Se una persona è costantemente malata, non solo costituisce un passivo in termini di pensione assicurativa, ma la sua abilità va perduta per la società. Le persone dei ceti sociali più bassi, spesso ritengono di non potersi permettere di essere malate, molti continuano a lavorare, almeno fino a quando il problema si acutizza e diventa più difficile da risolvere. Ma la differenza tra ceti sociali, si fa sentire maggiormente per quello che riguarda i servizi di tipo preventivo che sono molto importanti. Non dovreste dimenticare che la vera infrastruttura è quella umana. Così come un ingegnere non farebbe mai costruire su una palude senza prima aver previsto di impiantare una solida base, così è per la miseria umana. Occorre quindi costruire una solida base, una zattera sotto la povertà, per consentire agli individui di potersi risollevare ed evolvere. Lavoro, ma anche salute buona ed istruzione, perchè le capacità possano svilupparsi e conservarsi.
Se pensiamo alla produzione di ricchezza come a una cisterna, vedremo che i servizi sociali, compresi sanità e istruzione, provengono dalla superficie della stessa, ma se vogliamo che sia possibile un miglioramento delle risorse umane, i servizi sanitari, sociali ed educativi, non devono "traboccare" dalla cisterna. Gli investimenti internazionali nelle risorse umane, dovrebbero costituire la valvola d'entrata alla base della cisterna, perchè uno stato di funzionamento imperfetto che riguarda un individuo non sia dovuto a uno stato di imperfetto funzionamento sociale.

sabato 21 marzo 2015

Cultura

La cultura come viene comunemente intesa è spesso confusa con un bagaglio di conoscenze in qualche modo riservata a pochi, intellettuali e specialisti. In realtà, la cultura può rappresentare un arricchimento, un mezzo unico per creare la personalità di un individuo che così diventa artefice di un progresso civile. Dunque un individuo in grado di leggere e capire gli avvenimenti della vita, del mondo, capace di decidere, di scegliere ove sia possibile farlo. Nelle società che ci hanno preceduto, la cultura però è stata sempre usata come strumento di discriminazione sociale, strumento di prestigio e di potere per la classe dominante e di emarginazione per quella dominata. Anche in diversi paesi e tempi, conservarono gelosamente per sè l'interpretazione dei testi sacri, avendo perfettamente intuito che questo era un mezzo sicuro per avere saldamente in pugno il potere, senza doverlo dividere con nessuno. La cultura venne usata contro le classi povere come mezzo di emarginazione sociale e come strumento di selezione civile, servita per emarginare le donne, per farle stare "al loro posto", perchè la cultura doveva essere riservata a pochi per poterla usare come strumento selettivo e di potere. Oggi, per noi, cultura e scuola sono intesi diversamente, come mezzi di emancipazione e di formazione dell'individuo. Cultura quindi come civiltà, come somma di capacità mentali e pratiche, come libertà. Intesa finalmente non più come un mezzo oppressivo, la conoscenza richiama conoscenza e diviene un esigenza stabile, continua,si perfeziona, e in tanti casi può persino rappresentare la salvezza per un individuo. Naturalmente la cultura non può essere imposta, ma suscitata gradatamente, ed ogni persona che lo voglia deve potervi accedere. La lettura di un libro che si ama, aiuta a conoscere le parole, a capirne i concetti, ma anche la musica, le arti figurative, cinema, teatro, tutte le arti in genere hanno ognuna un loro linguaggio specifico, ed ognuna di esse è un punto di partenza per meglio conoscere gli altri in un continuo processo di arricchimento interiore. Una bella musica, un buon romanzo o un quadro riuscito, comunicano un messaggio dell'autore che va compreso, ma provocano anche sensazioni che danno luogo a processi emotivi. Così ogni cosa che apprendiamo ci fa più completi. a mano a mano, accrescendo la nostra cultura, avremo un rapporto diverso con ciò che ci avviciniamo a conoscere, di volta in volta, con maggior precisione. La cultura è quindi il mezzo migliore per elevare la civiltà. Il problema è che non può essere del tutto affidata al singolo, almeno sul piano delle strutture, le istituzioni sociali dovrebbero intervenire. Teatri, concerti, mostre d'arte, così come tanti spettacoli e conferenze, sono concentrate nelle grandi città rispetto alle città di provincia, così che le occasioni per arricchire la propria cultura sono meno numerose. Per non parlare poi del fatto che sembra essere destinata a ritornare una prerogativa di coloro che hanno raggiunto un certo benessere. Il benessere raggiunto lascia spazio per le nuove esigenze mentre il bisogno può, anche se non vorremmo, allontanare dall'esigenza di cultura. Se non ti devi preoccupare di bisogni fondamentali, puoi decidere di comprarti dei libri, visitare dei musei anche se si trovano in altre città,ecc...il tutto in base ad una logica che è già cultura, non sul piano di una programmazione del superfluo. L'esigenza di cultura se c'è, viene al primo posto, ma ciò non è possibile quando si deve decidere se sfamarsi o comprare un libro o andare a visitare una mostra. La cultura non si dovrebbe misurare in denaro, tutti dovrebbero potervi accedere o almeno qualche volta lasciare un pò di spazio anche a quelli che non possono permettersi di approfondirla. Per fortuna oggi ci sono tanti mezzi di comunicazione in grado di raggiungere tutti o quasi, per cui basta poco per tenersi aggiornati, ma certe cose rimangono sempre una prerogativa dei più abbienti. Ma cultura non è solo vedere uno spettacolo, leggere un libro o visitare una mostra, cultura è discuterne insieme, comunicarsi le sensazioni, metterle a confronto, e questo si può fare ovunque, con un minimo di organizzazione. Anche lo scambio di impressioni e di idee, discutere le cose con chi ci sta intorno, farsi un'idea precisa su tutto, è cultura. Si potrebbe fare ovunque, anche nei luoghi di provincia, nelle piccole città, nei paesi. Raccogliere iniziative, organizzare delle mostre, alle quali ogni artista potesse partecipare ed ogni cittadino potesse accedervi. La cultura così intesa diventerebbe un opera collettiva e ognuno potrebbe trovare nel proprio rapporto con gli altri, valori che non credeva di possedere, valori che lo aiuterebbero a vivere meglio o magari potrebbe trovare possibilità che da solo non avrebbe avuto. La cultura così non sarà un bene per pochi, ma lo strumento di emancipazione di tutti.   

lunedì 16 marzo 2015

Siamo fatti per completarci

Il movimento femminista che ha permesso alle donne di giungere alla conquista di diritti fondamentali, aveva le sue sante ragioni, perchè la parità con l'uomo da un punto di vista giuridico e sociale è giustissima, questo però non vuol dire che non abbiano commesso degli errori.
L'uomo e la donna non solo sono diversi fisiologicamente, ma hanno anche diverse aspirazioni, bisogni e comportamenti. Fra le cause principali degli errori del femminismo, è stato quindi far credere che la donna  rassomigliasse all'uomo, perdendo di vista la nozione essenziale di complementarità. Inanzitutto, è bene sottolineare che per complementarità, non si deve intendere qualcosa di secondario o accessorio ma come un elemento, che insieme ad un altro compie un tutto. Per meglio spiegare il concetto, mi faccio aiutare dalla pittura, che in questo caso si può dire calzi proprio a pennello.
In pittura, si dicono complementari due colori che, tra i fondamentali, nel disco di Newton sono contrapposti l'uno all'altro, ad esempio il rosso si trova dalla parte opposta al verde. Per spiegare il concetto che voglio esprimere però non è importante sapere quali siano i colori fondamentali nè cosa sia il disco di Newton, almeno non in questo caso, è importante capire il concetto. Quello che si deve sapere è che nelle materie colorate che si usano per dipingere, l'affiancamento di colori complementari è importante, perchè provoca un rafforzamento dell ' intensità delle tinte.Così un pittore che voglia intensificare un rosso, basta che gli accosti un verde, e così succede con tutti i colori complementari compreso bianco e nero. Quindi colori che non sono uguali, però uniti, affiancati, si rafforzano, per tale motivo entrambi importanti.
Quello che le femministe all'epoca non avevano considerato, era proprio questo, e questa mancanza ha creato un pò di confusione sul concetto di parità. Tutte le conquiste in ambito di diritti giuridici e sociali e quelle che ancora dovremmo raggiungere, non potranno mai cambiare la natura di ognuno di noi.
Noi, non siamo fatti per essere uguali, siamo fatti per completarci.
Nonostante poi, nei paesi cosidetti civilizzati molte cose siano cambiate, ci sarebbe ancora molto da fare per arrivare davvero ad una parità, specialmente a livello di società e di diritti sociali. E' altresì importante mettere in evidenza che ancora oggi esistono dei paesi  in cui la donna viene considerata "merce" della quale disporre a proprio piacimento, o nella migliore delle ipotesi "schiava" senza nessuna considerazione per la sua natura di essere umano, di essere vivente, pensante, con dei sentimenti, emozioni, esigenze e bisogni. E' scandaloso che nessuno faccia niente per impedire questi atti disumani. Tanto si è parlato di violenza sulle donne e per fortuna alcune cose sono cambiate, almeno oggi le donne sono più consapevoli dei loro diritti e prima ancora della propria dignità di essere umano. Grazie a questo, molte non hanno più paura a denunciare abusi, intimidazioni e violenze di ogni tipo, sia fisiche che verbali, ma per alcune è ancora difficile trovare la forza di ribellarsi e per tale motivo dovremmo maggiormente difenderle.
Ancora più preoccupante è il crescente aumento, da parte delle giovani generazioni, di atti indicibili di violenza, e ciò mi fa credere che molti di loro non abbiano avuto un'educazione necessaria e buoni esempi da seguire. Scuola, famiglia e società dovrebbero collaborare per educare i giovani e risolvere questa piaga crescente. Così come tutta la società dovrebbe impegnarsi affinchè si possa arrivare un giorno a potersi permettere di essere diversi nelle caratteristiche ma tutti uguali nei diritti sia giuridici che sociali.   

mercoledì 18 febbraio 2015

Amore

Solo qualche giorno fa era la festa degli innamorati che qualcuno avrà festeggiato ed altri no, ma non è questo quello che conta, così come in amore non è importante porsi troppi quesiti, ma è importante volersi bene, amarsi e rispettarsi, avere cura l'uno dell'altro.C'è però un quesito che sono sicura ogni innamorato si è posto almeno una volta "perchè proprio lei o proprio lui".
Tra migliaia di persone che si incontrano nel corso della vita, un giorno una persona che forse non è nemmeno diversa o migliore dalle altre, fa scattare l'attrazione amorosa. Non c'è dubbio che non ci scegliamo a caso, ma come spiegazione non è sufficiente dire che sono stati i suoi begli occhi o la voce suadente o altri attributi fisici a farci innamorare, se pur all'inizio il fisico gioca certamente un ruolo importante. Ci sono dei fattori inconsci a determinare l'attrazione reciproca che a volte scopriremo poi oppure potremo non saperlo mai. Spesso è proprio come si dice, cioè che nel partner, nel nostro compagno, c'è un pò di nostro padre o nostra madre ma a volte è il contrario. E' importante quindi sottolineare che non si tratta sempre di affinità, perchè anche le differenze sono importanti. Quando si è innamorati le emozioni sono più risonanti, più coinvolgenti anche se non sempre più profonde, e riaffiorano aspetti infantili e adolescenziali con tutta una serie di comunicazioni che non fanno parte normalmente dell'età adulta. Spesso si fanno gesti fuori dalla realtà ed è facile dall'esterno considerarli poco normali, ma tutto diventa normale in quel contesto, perchè quello che si vuole esprimere è proprio l'eccezionalità del momento.Come dire " solo perchè ti amo io posso compiere per te questi gesti straordinari, speciali".
Ma il periodo dell'innamoramento è sempre piuttosto breve e si evolve in un sentimento più maturo che si dedica alla formazione di un unione approfondita e costante, oppure non si evolve ed è destinato a finire.
Quando l'innamoramento si trasforma in amore, quelle emozioni provate sembrano cessare o sfocarsi, ma ciò che appare meno risonante, tende ad essere più intimo e vero, così quella fusione di due esseri in uno si trasforma. La fusione, tipica dell'innamoramento, è quella situazione che permette di vivere l'amore non come coppia, ma come se si fosse una persona sola, come qualcuno che non sa distinguere il "sè" dall'altro, e che per esistere ha bisogno di un continuo contatto. Spesso da agli estranei un impressione di grande amore, però non è un rapporto maturo,è un pò come quello che tiene il bambino legato alla madre nei primi mesi di vita. Molti ragazzi vivono per esempio, legati tutta la giornata al telefono o sui social come fosse una specie di cordone ombelicale che li unisce l'uno all'altro quando non possono stare insieme realmente.
L'innamoramento è, e rimarrà per sempre un'esperienza meravigliosa e ognuno di noi che viva o abbia vissuto quei momenti, porterà sempre con se quelle emozioni, quei gesti, quel bisogno di fondersi con l'altro che non si deve però confondere con la sola attrazione sessuale che talvolta nasconde una forma di difesa da quelle forti emozioni che spesso creano timori proprio per la loro intensità.
Se pur sia bellissimo vivere quei momenti, l'amore non può rimanere sempre e soltanto un fatto di fusione senza possibilità di evolversi. L'amore è proprio quello che fa uscire da questa necessità di continuo contatto per portare la coppia ad un rapporto più adulto e paritario. Quando però unendoci alla persona che ci sembra di amare lo facciamo con la riserva che il nostro amore avrà la capacità di cambiare qualcosa che nell'altro non ci piace, facciamo un atto di non accettazione dell'altro e quell'immagine di trasformazione è proprio l'opposto dell'amore. L'amore interviene quindi in una fase successiva all'innamoramento, accettando l'altro così com'è, come persona distinta da noi, con i suoi difetti che ognuno di noi possiede perchè nessuno è perfetto,ma comunque amabile. L'amore è quello che crede possibile "ci ameremo per sempre" ed anche se così non fosse, guai se non lo pensassimo,perchè non sarebbe amore.

lunedì 9 febbraio 2015

Un pò d'Italia

Circa 150 anni or sono, gli Italiani dovevano risolvere un difficile problema: fare l'Italia. Non si parlava che di Patria, con entusiasmo o con un pò di paura, senza valutare differenze regionali o distanze. L'unificazione era il bisogno di menti e di cuori attenti ad un ideale che aveva un nome " Italia ".
Volevano l'unità e la libertà, volevano l'Italia e si fece.
Tutto ciò collimava con la speranza di avere in seguito governi più liberali con maggiori garanzie di giustizia e di ordine, con la speranza che le distanze venissero accorciate così da togliere dall'isolamento le regioni e che pian piano raggiungessimo un miglioramento pratico.
Ma l'Italia che nasceva presentava compiti ardui alla classe dirigente infatti, tutto l'entusiasmo aveva accumulato notevoli illusioni, perchè non solo il malgoverno e la mancanza di libertà avevano impedito di raggiungere un livello di prosperità. La poca disponibilità di capitali da investire, la notevole differenziazione regionale e l'ignoranza delle nuove tecniche di produzione, richiedevano tempo e necessitavano di uno stimolo comune perchè si potesse concretizzare uno sforzo serio e coerente verso un livello economico pari a quello di altri paesi. Fu proprio il Nazionalismo che sottolineò questo stimolo.
L'Italia che si univa sentì la fierezza delle comuni tradizioni storiche, la grandezza della sua cultura e tradizione, e in questa ritrovata coscienza nazionale trovò la forza per un indirizzo di progresso.
Negli anni che seguirono l'unificazione, nonostante gli ostacoli incontrati la nostra economia raggiunse un certo sviluppo, tracciando le basi per quello futuro. I maggiori ostacoli incontrati dalla nostra economia furono senza dubbio la mancanza di capitali a finanziare le grandi imprese, la difficoltà di poter accumulare risparmi, il periodico ciclo di fallimenti bancari e l'acutizzazione delle tensioni sociali, specie tra i lavoratori.
Gli anni che seguirono com'è noto, portarono alla guerra, con le conseguenze che ben tutti conosciamo.
Nell'ultimo dopoguerra in nostro Paese ha veramente dedicato ogni sforzo all'espansione economica, sottolineando quello spirito unitario in cui 150 anni prima una élite di uomini aveva fortemente creduto.
Naturalmente ciò ha comportato ulteriori problemi, nuovi sforzi, più energie e necessità di adeguamenti e rinnovamenti, ma ce l'abbiamo fatta.
Oggi, nel 2015, sembra che la storia si ripeta.
Permane il contrasto tra Nord e Sud, e altre differenze regionali, la nostra presenza in Europa non ha assunto un posto più reale, la macchina statale, i vari istituti sembrano avere bisogno di profonde trasformazioni, in modo da risolvere e prevedere le attuali e future esigenze di una Nazione che non può essere considerata solo un espressione geografica.Ma ciò che è ancora più grave, è la mancanza di quella fierezza che ai nostri avi servì da stimolo per ritrovare lo spirito e la forza di reagire.
L'Italia non è solo mafia, pizza e mandolino, come ci vedono all'estero, e non dovrebbe essere ricordata come un popolo di corrotti, imbroglioni, ciarlatani e fannulloni. Una volta almeno eravamo un popolo di Santi, poeti e navigatori, ma i comportamenti dei precedenti governanti e capitani di navi, hanno ben pensato di infangare anche questa nostra eccellenza. Per fortuna ci pensa Papa Francesco a portare in alto l'onore del nostro Paese, e qualche grande poeta possiamo ancora vantarlo, con la speranza che la smettano di ridicolarizzarlo con indegne pubblicità. Sono per la libera espressione, ma non mi sognerei mai di associare l'immagine di personaggi che sono un vanto per l'Italia solo per pubblicizzare della carta igienica,che ben tutti sappiamo a cosa serva, specie per fini puramente economici.
Fra non molto verrà inaugurato l'expo in materia di cibo, tra le altre cose l'alimentazione è un'altra delle nostre eccellenze ricercata in tutto il mondo. Trovo che sia un pò contraddittorio se pensiamo che da sempre si fa un gran parlare di come risolvere i problemi inerenti alla distribuzione della ricchezza e quindi anche del cibo, con un eccesso di alimenti e generi di lusso per pochi, mentre continua fame e povertà per molti, senza che nessuno abbia mai fatto niente di concreto. Negli ultimi anni, non occorre nemmeno pensare a posti troppo lontani per ritrovarsi di fronte a questa dura realtà, però si limitano solo a parlarne.
Un'altra contraddizione riguardo all'expo alimentare,è quella di decantare i nostri più famosi marchi D.O.P. e D.O.C.G. che proprio come dice la sigla dovrebbero essere protetti e garantiti, mentre improbabili riproduzioni si trovano, come se niente fosse, negli scaffali dei supermercati esteri come prodotti Italiani, e nessuno di competenza ha fatto niente per debellare questa frode.
E cosa vogliamo dire di quella che potrebbe essere la nostra maggiore risorsa, il nostro patrimonio artistico, o meglio ciò che ne rimane, viste le tante incurie che continuano a persistere. Musei chiusi, nessuna o scarsa attività di restauro dei luoghi  e delle opere, cattiva gestione, tenuta e conservazione dei luoghi pessima, scarsità di accoglienza ai turisti, con conseguenti disagi che si traducono in pubblicità negativa.
Forse se all'estero non hanno una buona opinione degli Italiani sarebbe il caso di fare un esame di coscienza.
Qualsiasi altra Nazione ha cercato, e in molti casi è riuscita, nonostante non possedesse la millesima parte di ciò che il nostro Paese potrebbe vantare, a mettere in risalto ogni singolo elemento, a volte facendolo apparire meglio di ciò che realmente è. In Italia sono riusciti a fare di tutto per deprecare e sminuire ciò che di meglio possiede.
Non vorrei vivere in un altro posto, continuo a pensare che l'Italia sia un Paese meraviglioso, proprio per questo non riesco a capacitarmi di tanta negligenza e incuria, di come non sia possibile fa sì che gli Italiani arrivino a pensare e agire come un popolo e non solo come individui, per ritrovare un briciolo di quella fierezza che portò i nostri avi a risollevarsi.
  

martedì 13 gennaio 2015

Non fare agli altri

La prima legge della natura non è l'autoconservazione dell'individuo ma della specie, e per specie si intenda quella umana senza nessuna distinzione,però non si può nemmeno pretendere che gli uomini facciano di se stessi delle vittime, per tale motivo, quando si deve sfuggire da situazioni infelici o si deve poter contare solo su noi stessi per le necessità fondamentali, prevale la legge dell' auto preservazione.
La teoria che gli uomini non possono cambiare la loro natura, non è quindi esatta, perchè il loro comportamento cambia di conseguenza al mutare della loro situazione.
Le azioni dell'uomo così come il suo pensiero, possono anche essere condizionate, e più o meno consapevolmente, egli diventerà nient'altro che uno strumento delle contraddizioni del sistema, degli interessi di classe, di coloro che sfruttano la religione per i loro loschi traffici. In questa maniera, gli uomini diventeranno alienati gli uni dagli altri e dalla realtà a causa delle loro false credenze.
La conoscenza ti porterà a disgustarti delle assurdità inumane delle guerre, delle classi che influenzano lo sviluppo economico e di come lo Stato agisca in funzione di strumento del dominio di classe, ti porterà a tentare di spazzar via l'ipocrisia che giustifica la povertà e l'oppressione.La vera conoscenza porta alla libertà, ed un uomo è libero quando obbedisce al suo proprio io razionale e morale.
Alla base della nostra natura umana non c'è la reciproca inimicizia o il vicendevole timore, siamo tutti essere umani, e per tale motivo i sentimenti sociali costituiscono una condizione necessaria alla vita.
Anche se a volte non è facile capirsi, basterebbe saper applicare la norma evangelica : non fare agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi.

" Un uomo che ama solo se stesso, senza considerazione per l'amicizia
e per il merito, è meritevole del più severo biasimo,
e un uomo che è suscettibile solamente dell'amicizia,senza spirito pubblico
o riguardo per la comunità, è manchevole nella parte più materiale della virtù "
                                                                                                      Hume